Ha creato caos, tristezza e tante difficoltà agli italiani la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, di cui il 24 febbraio ricorrono i 10 anni dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Una legge, che secondo Carlo Flamigni e Maurizio Mori, autori del libro appena pubblicato “La fecondazione assistita dopo 10 anni di legge 40. Meglio ricominciare da capo!” (edito da Ananke), sarebbe più corretto ribattezzare ‘Berlusconi-Ruini’, visto che di fatto ne furono i principali ispiratori e sostenitori. Una legge che andrebbe eliminata e sostituita con una più snella e leggera.

“La nostra idea – spiega Maurizio Mori, professore di Bioetica all’Università di Torino – era quella di far vedere che questa legge non sta in piedi. Non solo non ha risolto i problemi per cui era nata, ma ne ha creati degli altri”. Nel libro si ripercorre la genesi di questa contestata norma, oggetto anche di referendum nel 2005, riprendendo il dibattito che iniziò sul tema prima degli anni 2000. Già nel 1999, scrivono Mori e Flamigni, “ci fu anche uno scandaloso intervento del cardinale Ruini che fece ripetute pressioni esplicite quanto illecite sui senatori, sollecitando l’approvazione della legge”. Di fatto poi, analizzando i vari episodi e interventi, “emerge con chiarezza come sia stato concluso un patto, un rapporto non propriamente virtuoso, tra Berlusconi alla ricerca di consenso politico – continua Mori – e la gerarchia della Chiesa cattolica spesso predisposta a scambi di basso profilo. Camillo Ruini, all’epoca presidente della Conferenza episcopale italiana, ha offerto il supporto ideologico, mentre Berlusconi è stato il braccio armato che ha consentito di far portare a casa al mondo cattolico questa legge”. E si sbaglia a dire che questo fu una mediazione tra i fronti laico e cattolico, continua Mori, “perché se una mediazione c’è stata, è stata tra chi, come il mondo cattolico, avrebbe proprio voluto vietare in toto l’accesso alla fecondazione assistita, e chi consentirla al minimo”.

Adesso però, secondo gli autori, sono profondamente cambiate anche le condizioni di base che hanno portato alla legge, “ossia la capacità di persuasione della Chiesa cattolica e l’efficacia del patto concordato tra Berlusconi e la chiesa del cardinal Ruini”. Il 27 novembre scorso, come è noto, il Senato ha votato la decadenza del leader di Forza Italia, e l’elezione a Papa di Jorge Mario Bergoglio ha visto cambiare l’ordine delle priorità per la Chiesa cattolica. “Se sotto Giovanni Paolo II – rileva Mori – al primo posto tra le grandi sfide c’era la vita, seguita dal pane, dalla pace e dalla libertà religiosa, ora con Bergoglio al primo posto ci sono il pane e la pace, non più la vita. Dunque un cambio di priorità”.

Ma come dovrebbe essere una nuova legge sulla fecondazione assistita? Senza troppi paletti. “Prima di tutto – conclude Mori – non dovrebbe limitare l’accesso alle tecniche di procreazione alle coppie sterili, ma consentirlo a chiunque voglia ricorrervi. Poi bisognerà trovare le modalità e i limiti per garantire ai nati la tutela dovuta, ma come arrivarci deve essere un problema principalmente medico. Deve essere una legge leggera. Ormai la fecondazione in vitro è diventata un elemento del modo di gestire la trasmissione della vita. Bisogna prenderne atto”. Come confermano anche i dati presentati dalla Società italiana di fertilità e sterilità e Medicina della riproduzione (Sifes), in un convegno organizzato Roma sempre il 24 febbraio. In otto anni, dal 2005-2012, sono stati quasi 80mila i bimbi nati grazie alla procreazione assistita, pari al due per cento di tutti i nati in Italia. “Ma se è stata vinta la battaglia contro gli incoerenti divieti imposti – ha detto Andrea Borini, presidente della Sifes – è necessario lavorare a una nuova legge, modellata sulla realtà italiana, in grado di dare soluzione coerente ed efficace ai problemi che ci sono e a quelli che si presenteranno”.

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