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Renzi ha “commissariato” il governo: non è autorevolezza, ma paura

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Più che formare il nuovo governo, Matteo Renzi lo ha direttamente commissariato. Fuor dall’Economia e naturalmente dai tre ministeri di Alfano e soci e dall’Istruzione della professoressa Giannini, ha ricondotto a sé, semplicemente a sé, ogni delega morale e sostanziale di tutti gli altri ministeri. Ogni ministro risponderà a lui, com’è istituzionale che sia, ma a ogni ministro verrà dettata la linea da lui. Il Correttore di ministri, lo si potrebbe definire. Dalle bozze al governo, il passo come vedete è breve.

Stordisce in maniera davvero imbarazzante il ricorso al funzionariato (di partito) spinto, in questo esecutivo. D’accordo l’impronta politica rispetto a quella tecnica, ma qui siamo alle prese con un numero imprecisato di persone che al di fuori dalla politica non avrebbero mestieri, se non appunto quello di “fare” la politica in senso organico. Questo orientamento ha un solo significato, significa riportare al segretario del partito ogni più piccola decisione, dentro e fuori il Partito Democratico.

E poi ragazzi, visto che il buon Matteo non le manda a dire e ha pregevolmente il dono della chiarezza, scegliere Federica Guidi, anni fa giovane capessa confindustriale, in luogo di Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica, o ripiegare sul mite Orlando al posto del procuratore Gratteri, è come pensare a Pepp Guardiola e poi accontentarsi di Oronzo Canà.

Non ci si mette nelle avventure politiche se non si ha la forza di imporre Gratteri al Quirinale, e qui non si discute il merito della scelta (si poteva essere più o meno d’accordo) ma la forma sostanziale. Non si premiano bravi ragazzi solo perché hanno fatto un pezzo di cammino con te, e qui parliamo dei ragazzi dell’ultimo miglio, perché quelli più antichi lo avevano mollato per strada nel momento in cui si era capito che il governo lo si sarebbe fatto con Schifani e Formigoni.

Non ha avuto la capacità di delega, Matteo Renzi. Si è protetto con i suoi ragazzi e questo è un finto slancio giovanilista. È comprensibile: come ogni direttor giovane che assume la responsabilità dell’impresa, si vuole controllare anche il capello. Ma l’autorevolezza è cedere il potere, non assumerlo interamente su di sé. Questo è il sentimento della paura.

Per chiudere la nota straordinaria, finalmente. Che non è la parità di genere, sia chiaro, ma l’idea che dalla prossima volta sarà normalissimo avere metà ministri (se non di più) donna.

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