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Droga, legge Fini-Giovanardi: Vil razza cannata

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A distanza di anni, o come sarebbe meglio dire, a distanza di migliaia di anni di galera comminati a cittadini la cui colpa, unica e vergognosa, è stata quella di fumare qualche canna, eccoci giunta, su un piatto datato, la sentenza della Suprema Corte che ristabilisce che il duo Fini&Giovanardi, ha dettato alla nazione una legge incostituzionale.

Se, dalle nostre parti, ci fosse una giustizia un pochino più celere e più moderna auspicherei che i tanti danneggiati da questa legge si consorziassero e facessero una gigantesca causa legale allo Stato. Pavido, nelle sue componenti politiche e burocratiche e ormai incapace di leggere una realtà che non solo non riesce a governare ma che non ha interesse, nemmeno, a comprendere.

In anni in cui l’attenzione della politica è solo determinata dalle questioni economiche, l’Italia, ultima in molte classifiche, è desolatamente ultimissima nelle, non banali, questioni dei diritti civili e di libertà. Perché nessun trombone sino ad ora è mai riuscito a spiegare per quale motivo una sostanza meno dannosa di altre, debba godere di così poco privilegiato titolo da essere demonizzata e compresa in tabelle che andrebbero bene per il veleno per topi.

A latere, sconfessata l’ideologia reazionaria dei Gasparri e dei Giovanardi che avevano inserito una legge di classe e liberticida in un decreto sulle Olimpiadi invernali del 2006, apprendiamo che per gli anziani togati l’equiparazione del principio attivo della cannabis a quello di una sostanza come l’eroina o la cocaina, è bestialità scientifica oltre che logica.

Si affianca, alla colpa dei soprannominati politici, la vigliaccheria di tanti parlamentari di diversi schieramenti, che pur di non affrontare una questione per loro di poco consenso hanno preferito tacere o voltarsi dall’altra parte in tutti questi anni. Ulteriore affiancamento, quello di un Dipartimento Dipendenze che lungi dal gestire un fenomeno ha rappresentato se stesso al mondo intero, alla guisa di quell’ultimo combattente giapponese che nessuno si era premurato di avvertire in merito ad una guerra conclusa da tempo.

Si ritorna al referendum, quindi. Ad una marcata differenza tra droghe leggere e droghe pesanti e alla reale possibilità che le prime possano, un bel dì, essere legalizzate. In nome di quella libertà che dovrebbe appartenerci nelle scelte che non ledono altre persone.

Si ritorna indietro di qualche anno con la poco serena certezza che ancora una volta, è la magistratura a rimettere a posto storture e bestialità legislative. La politica, che avrebbe dovuto battere qualche colpo, latita. Come sempre. 

 

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