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Legge di stabilità, tagli per gli specializzandi in medicina

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La legge di stabilità di quest’anno, per la prima volta in 150 anni di unità, apporta dei tagli alla sanità, con enormi ripercussioni sullo stato di salute di un paese che sempre di più avrà bisogno di medici specializzati.

Siamo un paese che invecchia rapidamente, con un carico di malattie cronico degenerative in costante aumento, ma nonostante questo si continua a tagliare. Tagliati i fondi per i vari sistemi sanitari regionali, aziendalizzati gli ospedali, è venuto finalmente il tempo del taglio alla formazione dei nuovi medici.

Già il numero chiuso sembrava stesse assestando da solo un durissimo colpo al nostro sistema sanitario, è stimato, infatti, a causa dei massicci pensionamenti dei prossimi anni, un buco di circa 50mila medici, adesso assistiamo al colpo definitivo sulla formazione degli specializzandi.

Su circa 10.000 laureati in medicina l’anno, infatti, negli anni passati si riusciva a far entrare nel secondo livello di formazione medica, fondamentale tra l’altro per poter lavorare nel sistema sanitario, solo poco meno del 50% dei neo medici, con una dotazione variabile tra le 6000 e le 4500 borse di specializzazione, il minimo storico raggiunto lo scorso anno. In tutto questo resta l’enorme problema della scuola di formazione specifica in medicina generale, ad oggi gestita dalle Regioni, completamente distaccata dalle altre, in cui gli specializzandi ricevono uno stipendio che è circa la metà di quello delle altre specializzazioni, pur avendo le stesse identiche responsabilità.

Secondo la legge di stabilità, la stessa che prevede uno stanziamento immediatamente disponibile di 400 mln per i policlinici universitari privati, quest’anno si riusciranno a garantire poco più di 2000 posti nelle scuole di specializzazione di tutta Italia. In pratica il governo sta semplicemente dicendo a più di 8000 neo-medici, sui quali ha già investito una cifra di più di 40.000 euro a testa per la formazione universitaria, di andare a cercare fortuna altrove.

La questione quindi non riguarda semplicemente la categoria dei lavoratori della salute, ma tutti noi. Il vuoto che queste politiche provocheranno porterà rapidamente al collasso del sistema sanitario pubblico ed allo smantellamento del diritto alla salute già duramente provato da questi ultimi anni di austerity. Serve una decisa inversione di marcia, per questo va sostenuta la battaglia di Federspecializzandi.

Servono politiche che rimettano al centro la partecipazione e la dignità di un intero settore, quello sanitario, che, nonostante tutto, garantisce, più o meno gratuitamente, l’accesso alle cure per tutti coloro che ne hanno bisogno.

Scritto in collaborazione con Lorenzo Paglione, studente di Medicina alla Sapienza

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