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Giornalismo, i festival sono in crisi? Facciamo “alla slovena”: volontariato

Seconda edizione di "Naprej". Il direttore Verbic: "Budget di 75mila euro e metà arriva da donazioni spontanee". Centinaia di ospiti, molti internazionali, nessuno italiano. L'ingresso? Gratuito
Giornalismo, i festival sono in crisi? Facciamo “alla slovena”: volontariato
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“Guardiamo sempre avanti, con l’entusiasmo dei giovani”. Con uno sguardo fresco e spendendo pochissimi soldi. Mentre in Italia è stata messa in dubbio la sopravvivenza di alcune importanti kermesse dedicate all’informazione – come il Festival di Perugia, salvato dal crowfunding – dalla Slovenia arriva una possibile soluzione. La risposta sta in una parola: volontariato. “Perché ci sono delle cose nel giornalismo che dobbiamo cambiare, a partire da casa nostra, non possiamo solamente guardare a quello che succede nei media del resto del mondo”, dice a il Fattoquotidiano.it Jernej Verbic, famoso giornalista sloveno e direttore del festival Naprej/Forward (“Avanti”). “Quello che sta succedendo qui ci preoccupa ma sappiamo che dobbiamo lottare. E già quello che siamo riusciti a fare l’anno scorso era praticamente impensabile”.

Così il festival di Lubiana si terrà questo fine settimana nella sua seconda edizione. Centinaia di ospiti, molti internazionali, diverse location in tutta la città e soprattutto un nutrito gruppo di volontari – della generazione fra il 1979 e il 1983 – che cercheranno di ripetere il successo della scorsa edizione, quando spesso molta gente fu lasciata fuori dalle sale strapiene come un uovo. Così, la soluzione adottata per esempio dal Festival di Perugia, che potrà ripetersi nel 2014 solo grazie al crowdfunding, qui fu adottata già nel 2012. Blaz Petkovic, giornalista del quotidiano Dnevnik e responsabile della redazione che curerà l’insieme dei contenuti prodotto dal festival, spiega al Fattoquotidiano.it: “Il budget di quest’anno è di 75mila euro. Un quarto viene dai media che ci sponsorizzano, le più importanti testate della Slovenia, un quarto viene dal contributo di noi organizzatori e l’altra metà arriva dai contributi spontanei”. Studenti e volontari, quindi, la chiave del successo: “Quest’anno circa 60 persone stanno contribuendo alla realizzazione, molti di essi sono studenti della Facoltà di Scienze sociali, dove si tiene il corso di giornalismo”, continua. “Avremo ospiti dagli Stati Uniti, dal Regno Unito, dalla Germania, dalla Grecia e dalla Siria. A questi ospiti offriamo il biglietto aereo e l’hotel, ma non chiediamo nulla a chi vuole venire agli incontri e alle conferenze. Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito”. 

Il presidente del festival, il giornalista Matija Stepisnik, si è voluto appoggiare anche all’Associazione giornalistica slovena, che ha 1.200 appartenenti, dalla quale vengono molte delle menti che hanno permesso questo piccolo ma grande successo in salsa slovena. Un successo che è anche un momento di socialità per un settore, quello giornalistico, che anche in Slovenia è funestato dal calo dei proventi pubblicitari e da scelte editoriali spesso poco pianificate. “L’anno scorso erano tutti contenti ed eccitati. Gli incontri, le proiezioni di film, una piccola esposizione di libri sui media, workshop e premi giornalistici, ma soprattutto la possibilità di parlare e di prendere un caffè con gli ospiti del festival”, continua Petkovic. E magari, in futuro, una collaborazione con l’Italia. “I confini sono solo nelle teste delle persone – riprende – e qui in Slovenia, soprattutto nella parte occidentale, seguiamo molto giornali e televisioni italiane. La nostra rete pubblica, Rtv, ha un programma in italiano, per esempio, così come la Rai ha un programma in sloveno.

Purtroppo, va detto, qui in Slovenia il piccolo schermo, soprattutto Mediaset, prevale sulla carta stampata. Ma già da tempo chi vive vicino al confine, sia in Italia che in Slovenia, questo confine non lo vive proprio. Quest’anno non avremo ospiti dall’Italia. Ma per il futuro ci piacerebbe veramente. Qui sappiamo che il futuro dei giornalisti italiani è nero. E anche qui molti giovani che ora stanno studiando non avranno tante opportunità”. Ma si va avanti, appunto.

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