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Scuola: oggi vi spiego che significa omofobia. Ma nel vocabolario non c’è la parola

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L’altro giorno, sono entrato in classe e come faccio ogni giorno ho acceso la lavagna multimediale per leggere con i miei alunni il quotidiano. La notizia della morte di Simone, giovane gay che ha scelto la morte di fronte agli atteggiamenti omofobi della nostra società non lascia indifferenti i miei ragazzi. Simone a 21 anni ha scelto di gettarsi nel vuoto perché discriminato.

“Che significa maestro discriminato?”. Provo a spiegare loro la parola. Lo facciamo ogni giorno. A partire da un articolo di giornale impariamo “nuovi” vocaboli. Uno di loro cerca la parola “discriminare” nel vocabolario. La trova.

“Chi ha discriminato Simone era omofobo. Purtroppo in Italia sono ancora molte le persone che sono omofobe”.

Di nuovo una parola ostica per i miei alunni. La cerchiamo insieme al sostantivo “omosessuale”. Il secondo lo troviamo. Il primo no. Sarà il vocabolario troppo vecchio della scuola, penso. Provo con un altro dizionario pubblicato nel 2011: nulla.

I vocabolari che abbiamo in classe non riportano il termine. Tentiamo con un altro sempre del 2011: niente da fare. Lo troveremo solo all’undicesimo tentativo,  nel “Garzanti” del 2013.

I bambini si incuriosiscono: “Perché maestro questa parola non c’è?”. Non ho nemmeno io una risposta solo supposizioni: l’omofobia ovvero la paura irrazionale, assurda nei confronti delle persone omosessuali non era ritenuta così importante da finire in un vocabolario? Forse era ed è una parola troppo scomoda a qualcuno?

Nel 2013 non dovremmo più avere un solo dizionario in circolo senza questa parola. Sarebbe come avere qualcuno che nega ancora il razzismo, l’antisemitismo o altre forme di discriminazione che dobbiamo conoscere per fare in modo che domani vi siano dei Simone che possano vivere tranquillamente la loro omosessualità. Dobbiamo parlarne a scuola, dovremmo aprire le nostre classi a persone omosessuali che possano portare la loro esperienza, che possano raccontare che sono costrette a migrare in Svezia per potersi sposare. Come Giovanna che quest’estate a Stoccolma mi ha raccontato di avere una moglie e due bambine a cui l’Italia non riconosce nemmeno il cognome.

Forse è arrivata l’ora che il ministro dell’Istruzione prenda chiaramente posizione e introduca finalmente, come in molte altre nazioni d’Europa (Francia, Germania, Svezia, Finlandia) l’educazione sessuale nei programmi didattici fin dalla scuola primaria senza relegarla in qualche pagina del libro di scienze o alla buon senso del prof di religione.

“Maestro dall’altro canto anche Freddy Mercury era omosessuale e anche Saffo, la poetessa. Che c’è di male”. Bastano le parole di Giovanni per comprendere quanto sia possibile crescere in un mondo diverso da quello in cui è vissuto Simone.

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