Da ragazzo, le grida che sentivo nelle strade erano quelle dell’arrivo dell’arrotino, dell’ombrellaio, del venditore ambulante che chiamava le donne fuori delle case per “regalare” la sua mercanzia. Oggi sono assai pochi gli ambulanti che gridano ancora nelle strade ma ci sono ben altre grida e su tutti i siti è ben evidente la notizia dell’invio di 35 mila lettere di richiesta di informazioni ad altrettanti soggetti individuati dalla seconda versione del redditometro, varato dal precedente Governo Monti, già bocciato una prima volta e ora riproposto, riveduto e corretto, dal Governo Letta.

Alla fine di agosto veniva invece diffusa con grande clamore la notizia che la Guardia di Finanza aveva “scovato” circa 5.000 cd. evasori totali per oltre 17 miliardi di imposte evase.

Pur sapendo di avventurarmi su di un terreno assai delicato e scivoloso, vorrei provare ad elencare alcuni punti sul tema del rapporto tra cittadini e fisco nella speranza che qualcuno, condividendoli, se ne faccia portavoce nelle sedi opportune.

1) L’evasione fiscale, sia quella in grande stile operata attraverso strutture organizzate e con l’aiuto di molti soggetti, sia quella quotidiana che privilegia chi può evadere a scapito di lavoratori dipendenti, pensionati, etc. è uno (non il solo) dei problemi più radicati di questo Paese.

2) D’altra parte l’utilizzo, spesso poco trasparente, della leva fiscale, che peraltro continua indisturbato per realizzare operazioni di trasformismo come quella recente sull’Imu, ha portato la pressione fiscale a livelli non più tollerabili soprattutto a carico dei soggetti cd. più deboli.

3) I metodi utilizzati ed risultati conseguiti negli ultimi anni per contrastare questo fenomeno sono sotto gli occhi di tutti e non necessitano di ulteriori commenti.

4) Conseguenza di questi metodi è che si è creata una contrapposizione strutturale non tra evasori e controllori (come dovrebbe essere, sia pure sempre nel rispetto delle norme e degli individui), ma tra l’amministrazione tributaria e tutti i cittadini che ormai identificano nei suoi organi l’inquisitore ed il nemico.

5) Questa situazione non è inevitabile; in gran parte dei Paesi europei il Fisco non è vissuto come un nemico o un incubo quotidiano; è solo una funzione che aiuta i cittadini dello Stato (tutti) a vivere meglio. Tra l’altro, non a caso, in questi Paesi non esiste il Diritto tributario, disciplina da noi incomprensibile ma molto in voga, dato che, semplicemente, non ce n’è bisogno!

6) Affinché si possa finalmente cominciare ad eliminare questa contrapposizione, la prossima volta che il Fisco si rivolgerà ai contribuenti o ai giornali sarebbe bello che ci dicesse anche che quelle che ci vengono indicate come somme evase non sono quanto un terzo indipendente ha stabilito che il soggetto evasore dovrà pagare, ma solo quanto chi ha effettuato l’accertamento ritiene sia stato evaso; infatti le somme di cui sopra sono unicamente la versione di una delle due parti coinvolte e, data l’attuale “crisi fiscale dello stato”, non sempre rappresentano in modo veritiero la realtà dei fatti.

7) Molto più importante, che vengano eliminate dal rapporto tra fisco e contribuente (tra le molte) norme e situazioni quali :

In caso di ricorso, l’obbligo a carico del contribuente di versare entro pochi giorni un terzo delle maggiori imposte ipotizzate evase (+ le relative sanzioni) e poi di dimostrare la correttezza del proprio comportamento. Il fatto che in caso di contenzioso non sia a carico degli accertatori la dimostrazione dell’evasione, ma a carico del contribuente la dimostrazione della propria buona fede rappresenta un comportamento non solo vessatorio da parte dello Stato ma, assai più grave, la cancellazione di duemila anni di civiltà giuridica della quale questo Paese un tempo era riconosciuto come il padre.

Dover aspettare, per ottenere un primo pronunciamento, da uno a due anni di tempo, dover remunerare uno o più professionisti, anticipare in contanti un terzo di somme stabilite da una sola delle parti, affidare il riconoscimento della verità ad un ente la cui indipendenza dovrebbe essere tale da fargli nel caso emettere una sentenza contraria ad una controparte dotata di un peso specifico ben diverso da quello del singolo contribuente.

Doversi muovere in un labirinto di norme, create dalla fervida fantasia di interessati legulei, talmente stratificate e talvolta in contrasto tra di loro che in molti casi è realmente impossibile pervenire ad un risultato oggettivo ed accettabile dalle parti.

Nella recente polemica tra il Comune Milano e Dolce e Gabbana questi ultimi, nel giustificare la serrata di tre giorni dei loro negozi a Milano, hanno usato la parola “indignazione “; non conosco il caso e non voglio entrare nel merito; certamente chi ha sbagliato deve pagare. Ma la vera indignazione da portare sui giornali dovrebbe essere quella di tutti quelli che si comportano correttamente ma vivono in un paese dove chi si oppone alle richieste del fisco o accetta quello che il fisco gli contesta oppure prima paga, poi aspetta e infine spera non solo di avere ragione, ma anche di trovare qualcuno disposto a riconoscergliela.

I 35 mila delle lettere sono avvertiti.

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