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Caso Ablyazonv, liberare Alma e Alua

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Mi sembra giusto ringraziare il Fatto e, tra gli altri, Sara Nicoli, Chiara Paolin e Luca Pisapia, che stanno conducendo una straordinaria battaglia civile per illuminare le tante oscurità che hanno segnato e segnano la indecorosa vicenda del “sequestro” della moglie e della figlia del magnate kazako Mukhtar Ablyazov.

Questo signore non sarà sicuramente uno stinco di santo, ma neppure il suo avversario, il presidente kazako, Nazarbayev lo è, anzi. L’unica differenza, non da poco, è che il presidente in carica, dispone di tutti i poteri, controlla l’oro nero, dispensa favori e denaro, anche in Occidente. Di lui si ricordano le invettive contro gli oppositori, l’amore per la censura, le fotografie formato elefante con l’amico Silvio, il presidente italiano di allora. Sin qui nulla di nuovo, scene simili le abbiamo subite con Ghedaffi, Ben Ali, Mubarak e Putin.

Quello che i cronisti del Fatto hanno documentato è la connivenza delle Autorità italiane in occasione del sequestro e del reimpatrio della moglie e della figlia del magnate dissidente. Chi e perché ha disposto quel “sequestro” compiuto in Italia? Perché la ministro Bonino si è indignata? Il ministro Alfano è vittima di servizi infedeli o ha svolto un ruolo diverso? Sia come sia chi pagherà per questa violazione dei diritti delle persone, ma anche della dignità nazionale?

Ha ragione il Fatto quando dice e scrive che non spegnerà i riflettori sino a quando le risposta non saranno date. Già che ci siamo al governo bisogna ora chiedere di reclamare la restituzione di Alma e Alua, madre e figlia, che, in quel paese, rischiano la persecuzione, il carcere, la vita stessa.

Il rispetto dei diritti umani deve valere sempre e comunque e non possono essere sacrificati sul poco sacro altare dei ricchi contratti commerciali , sottoscritti anche grazie ai buoni uffici dell’amico “dittatore”.

 

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