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Pd, il coraggio e la paura: perché non possiamo rimandare il congresso

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Cosa dobbiamo aspettare? Che tutto il nostro elettorato cada dalla padella dell’indignazione alla brace dell’indolenza? Vogliamo essere ignorati, dimenticati? Vogliamo essere l’ennesima illusione, l’ennesima inutile parentesi della politica italiana?

Discutere, ritrovare la nostra identità, ecco cosa dobbiamo fare. Forse abbiamo avuto paura, paura della gente, della rabbia, della sofferenza. Anni in cui diventavamo un partito sempre più elitario.

Siamo diventati un partito troppo pulito, che non si sa più contaminare con la sofferenza. Dovremmo essere un partito con le mani sporche, sporchissime.

Voglio poter parlare adesso di questo mio partito, di cosa pensa, perché neanche io non l’ho ben capito. Di cosa pensa delle banche che non danno credito ai giovani con contratti precari. Delle finte partite Iva, della flessibilità che esiste solo in uscita. Del fatto che i nostri padri ci stanno facendo in qualche modo passare la lunga nottata della crisi, ma che noi non potremo fare lo stesso con i nostri figli. Di chi occupa le case perché l’edilizia popolare è satura. Di chi pensa, e stanno diventando la maggioranza,  che la politica sia solo un gioco inutile.

Chi siamo noi? Che identità ha la principale forza della sinistra di questo paese?

Di questo vorrei parlare, e ne vorrei parlare adesso. Questa è la domanda a cui dovrà rispondere il prossimo congresso e chi pensa di rinviarlo ha solo paura. Ma di cosa avete paura? Cosa si può perdere di più della propria credibilità? Non dobbiamo avere paura della rabbia della gente, non si fa buona politica se si ha paura.

Hanno ragione Gianni Cuperlo e Pippo Civati: non possiamo aspettare che la rabbia si plachi per fare il congresso del Pd.

La rabbia ci aiuterà a cambiare.

Avanti chi ha coraggio.

@lorerocchi

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