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Processo Mediaset, e se significasse 10 anni di incandidabilità?

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Mercoledì Silvio Berlusconi, fondatore, presidente e senatore del Popolo della Libertà (Pdl), è stato condannato in appello a quattro anni di reclusione per frode fiscale nell’ambito del processo sull’acquisizione dei diritti di trasmissione di film americani sulle reti Mediaset tra il 2002 e il 2003 (i reati fino al 2001 sono stati prescritti).

La condanna non è ancora definitiva, perché gli avvocati di Berlusconi hanno annunciato di voler far ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio. Tuttavia i media nazionali hanno già evidenziato come, in caso di conferma della sentenza in Cassazione, l’imputato più famoso d’Italia dovrebbe scontare solamente uno dei quattro anni di carcere per via degli effetti dell’indulto del 2006. In molti hanno notato come la pena più pesante per la vita pubblica di Berlusconi sia quindi quella accessoria, ovvero l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Dopo aver scontato l’unico anno di carcerazione non coperto dall’indulto, infatti, l’interdizione vieterebbe al già quattro volte Presidente del Consiglio di ricoprire cariche pubbliche per altri quattro anni.

Nessuno dei giornali principali, tuttavia, ha sottolineato come l’effetto della pena accessoria avrebbe conseguenze indirette ancor più pesanti sulla carriera politica del leader del Pdl. Le regole che impediscono la candidatura a cariche elettive, amministrative o di governo, infatti, sono state inasprite nelle ultime settimane prima dello scioglimento del Parlamento scorso (dicembre 2012), su iniziativa dell’allora Governo Monti. Come spiegato nella presentazione qui sotto, in base al nuovo decreto legislativo l’incandidabilità scatta automaticamente in caso di condanna superiore ai due anni di reclusione per reati con pena massima prevista di almeno quattro anni (Berlusconi è stato condannato per il reato di frode fiscale in base alla legge 516/82 in relazione all’art. 2 D.Leg. 74/2000, la cui pena massima prevista è di sei anni), e dura per un periodo pari al doppio della interdizione dai pubblici uffici con un minimo assicurato di sei anni. Decreto Monti alla mano, la conferma in Cassazione dell’interdizione per cinque anni toglierebbe dunque il nome di Berlusconi dalle liste elettorali per ben dieci anni. Un brutto colpo per il Cavaliere, che a settembre compirà 77 anni.

Riccardo Patrian

(Si ringrazia Elia B.)

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