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Par condicio e frequenze: l’assenza totale di denuncia e proposte

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Giorni pieni di conferme. La par condicio è in rotta, sopraffatta dai vecchi e dai nuovi vandali del pluralismo. Televisioni pubbliche e private diventate uffici elettorali. Meno male che c’è la sinistra che si arrovella, già ma per cosa: quali autorevoli giornalisti conviene candidare? Uno strano modo di porsi il problema dell’informazione, che fa il paio con quello di singolari personaggi dello stesso fronte (per intenderci autorevoli esponenti della Commissione di vigilanza) diventati paladini a chiacchiere del diritto a essere informati ma fino a ieri omaggianti sostenitori del nuovo corso Rai.

La sorte non è benigna ed ecco ricomparire anche la vicenda delle frequenze. Anche qui una conferma dei nostri vaticini. Non se n’è fatto nulla come volevasi dimostrare. Altro che Malta o Croazia che si oppongono. Il verme è da sempre dentro la stessa filosofia di distribuzione dell’etere. Come la giri devono essere sempre i soliti noti ad avere la meglio. Ovviamente, in presenza di una procedura di infrazione di Bruxelless, la devi incartare, ma purtroppo a far pacchi complicati si finisce per restarci incartati. Blateravano di soldi per lo Stato, di apertura a nuovi entranti, di progresso tecnologico. Niente. Per provare a salvare i baroni dell’etere, le regole sulla gara sono andate su e giù dall’Italia all’Europa e da questa sempre rispedite al mittente, corrette con la matita rossa. Tempo s’è perso e forse male non è stato per l’ambiguo governo e per i perfidi baroni, che continuano ad avere imperterriti le loro rendite di posizione.

Ora -come al solito- sarà compito del prossimo esecutivo, per intanto sorbiamoci la solita musica e meditiamo su come siano trascorsi invano cinque anni (data di inizio della questione). Assistiamo soprattutto sconcertati all’assenza di denuncia e di proposte in merito da parte di tutte le forze politiche impegnate nell’attuale campagna elettorale.

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