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Perché gli arancioni dovrebbero appoggiare Bersani

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Sono molto d’accordo con la riflessione proposta dal direttore Peter Gomez sulla eventuale candidatura del cittadino Antonio Ingroia alle prossime elezioni politiche, e quindi non starò qui a ripeterla.

Situazione resa ancora più delicata dalla potenziale candidatura di Ingroia come ipotetico Presidente del Consiglio di un’alleanza di sinistra per ora ancora costituenda, detto “Quarto Polo” o “Lista Arancione“, formata da una serie di realtà civiche, dal nuovo soggetto politico Alba (niente a che vedere con la squallida Alba dorata greca: questi sono intellettuali di sinistra guidati dallo storico britannico Paul Ginsborg, già fondatore del movimento I Girotondi), da Rifondazione Comunista di Paolo Ferrero, che però pare ancora incerta, il Partito dei Comunisti Italiani di Oliviero Diliberto, il Nuovo Partito d’Azione di Pino A. Quartana, e probabilmente anche dai Verdi di Bonelli e, pare, l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

Mi sembra giusto il tentativo di queste – secondo i sondaggi – ormai piccole realtà di confederarsi in un unico cartello. Solo così avranno la possibilità di superare la clausola di sbarramento alla Camera e forse anche in alcune regioni al Senato, in modo da partecipare alla prossima legislatura che potrebbe anche avere un carattere costituente della Terza Repubblica. Al Senato gli arancioni potrebbero eleggere pochissimi senatori (secondo un sondaggio illustrato a Ballarò, fra 5 e 6) ma capaci di un peso formidabile, in caso che al centrosinistra mancasse un pugno di voti per la maggioranza (fissata a 157, e lo stesso sondaggio dava al centrosinistra fra 152 e 154 seggi) e in caso che il M5S decida di non aiutare Bersani.

Tuttavia, non trovo utile la presentazione di un candidato premier alternativo a Pierluigi Bersani, della coalizione Pd-SeL-Psi.

Gli arancioni, per come la vedo io, dovrebbero candidarsi a diventare l’anima critica della prossima compagine di governo di centrosinistra, ammesso che sarà Bersani a vincere le elezioni come suggeriscono per il momento tutti i sondaggi. Se è vero che il cemento che tiene unito il “Quarto Polo” è la comune critica all’esperienza del governo Monti, è infatti improbabile che queste forze potranno sostenere un prossimo governo Bersani direttamente. A maggior ragione se Bersani, come già spiegato altrove, mira o si troverà a dover collaborare proprio con Mario Monti nella prossima legislatura.

Ma senza dubbio esisteranno tutta una serie di singoli provvedimenti, soprattutto non di politica economica, sui quali gli arancioni non avranno difficoltà a votare in favore di un governo Bersani. La legge sul conflitto d’interessi, il riordino dell’etere televisivo, una legge che tagli i costi della politica, la riforma della Bossi-Fini sull’immigrazione.

Ancora: una maggiore prevalenza dello Ius Soli per ottenere la cittadinanza italiana, un miglioramento dell’attuale legge elettorale, l’introduzione del divorzio breve. E ancora: l’introduzione delle unioni civili con diritto all’adozione dello stepchild (che in italiano si dice con un termine orrendo “il figliastro”, il figlio del proprio partner), l’introduzione del reato di omofobia. Sono solo le prime idee che mi vengono alla mente, ma non c’è dubbio che il panorama delle riforme fattibili con l’accordo di sinistra e centrosinistra non si ferma qui ed è veramente assai corposo.

Certo: non ce n’è abbastanza per formare un governo di legislatura, perché Bersani vuole riformare e migliorare l’agenda Monti, mentre gli arancioni vogliono cancellarla del tutto. Sulla politica economica il divario è eccessivo per pensare di trovare dei compromessi, che pure si dovranno trovare fra le posizioni di Vendola e quelle di Bersani.

Ma poiché questi temi di cui ho parlato non sono meno rilevanti di quelli economici, ce n’è abbastanza perché il Quarto Polo metta da parte l’idea di candidare un personaggio alternativo a Bersani e faccia come il M5S: indichi, come dice il Porcellum, un “capo della coalizione”, che è cosa tecnicamente diversa dal candidato alla Presidenza del Consiglio, di nomina quirinalizia. Questa figura potrebbe anche non essere candidato al Parlamento e io penso al sindaco di Napoli De Magistris, più che a Ingroia, per i motivi illustrati da Gomez. Il Quarto Polo dica apertamente che il giorno della fiducia all’eventuale governo Bersani, darebbe un voto a favore al suo governo, per poi decidere di volta in volta, sulla base dei contenuti.

Si fa politica per mera testimonianza o per incidere sul presente e sul futuro del proprio Paese. Se l’intento del Quarto Polo è di incidere, mi pare questo l’unico modo che ha di determinare un cambiamento nel presente e nel futuro dell’Italia.

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