Più sbirro degli sbirri. Nella cronaca sulla sentenza Diaz, Libero riesce a scrivere che “nella scuola i poliziotti sequestrarono due bottiglie molotov”. Le quali “secondo l’accusa, furono portate all’interno proprio dagli agenti, per giustificare gli arresti”. Neppure il pronunciamento definitivo della Cassazione riesce a smuovere il quotidiano di Maurizio Belpietro dall’incondizionata adesione ideologica ai picchiatori della Diaz.

Il bello è che la piena conferma sull’origine esterna di quelle molotov è arrivata non dai sovversivi no global, ma da ben tre poliziotti sentiti dai pm di Genova: il vicequestore Pasquale Guaglione, che le trovò in corso Italia nel pomeriggio precedente al blitz nella scuola, dal funzionario Maurizio Piccolotti e addirittura dal dirigente superiore Valerio Donnini, responsabile del coordinamento di tutti Reparti mobili – leggi “celerini” – presenti al G8 di Genova.

La ricostruzione emersa dai tre gradi di giudizio è netta: Guaglione raccoglie le molotov in un’aiuola dopo un pomeriggio di scontri, le consegna a Donnini, che a sua volta le affida al suo autista Michele Burgio. La sera dell’irruzione, Burgio viene chiamato alla Diaz dal vicequestore aggiunto Pietro Troiani, altro collaboratore di Donnini. Troiani prende in carico il sacchetto blu con le molotov, che passa per le mani degli alti dirigenti presenti nel cortile della Diaz (immortalati dalle telecamere di Primocanale) e alla fine si ritrovano magicamente sistemate tra il materiale “sequestrato”.

Quelle molotov, insomma, venivano da fuori. Secondo l’accusa, secondo i giudici, secondo i poliziotti. Ormai lo sanno tutti e tutti se ne sono fatti una ragione, compresi i difensori degli imputati. Lo sanno tutti tranne Libero. E i suoi lettori. 

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