Capelli a caschetto, magliette a strisce, stivaletti di pelle come i 4 di Liverpool e soprattutto tanta musica. Torna il Festival Beat di Salsomaggiore. Da mercoledì 27 giugno a domenica 1° luglio la cittadina del parmense sarà invasa da migliaia di giovani e meno giovani accorsi alla ventesima edizione del festival 60’s più longevo d’Europa.

Oggi quando si parla del fenomeno beat molti istintivamente associano il termine alla Beat generation americana di Kerouac, Ginsberg, etc. Altro è la musica beat (dal verbo to beat, battere), un genere di pop-rock nato in Inghilterra tra i docks portuali di Liverpool.

Erano i primi anni Sessanta e da quel primitivo Mersey sound (Mersey è il fiume che attraversa Liverpool) alla conquista dell’Europa il passo fu breve. Un’epidemia colorata di stile, tendenze e suoni invase, dal ’62 al ’67, il vecchio Continente, sbarcando anche negli Stati Uniti. La british invasion non mancò di dare i suoi frutti in Italia: alle nostre latitudini all’inizio andavano per la maggiore le cover di grandi successi inglesi, poi le band italiane svilupparono un loro repertorio originale, continuando a suonare beat anche durante gli anni della contestazione, quando ormai oltre Manica ci si orientava più sul sottogenere freakbeat e il rock psichedelico.

Il beat è parte integrante della storia della musica. Lo sanno quelli dell’associazione Bus1 che per la XXª edizione della kermesse hanno allestito un cartellone di concerti ed eventi che non vuole fare rimpiangere il successo delle ultime due edizioni. A spegnere le 18 candeline del festival c’erano infatti, nel 2010, Sonics e Gravedigger Five, mentre nel 2011 sono saliti sul palco i giapponesi Guitar Wolf e gli Undertones.

Quest’anno a far ballare i fan della musica beat ci penserà la rappresentanza U.K.: i Barracudas e i Sorrows dall’Inghilterra, i Poet e i Thanes dalla Scozia. Dagli Usa arrivano invece Paul Collins Beat, Kepi Electric e i Gonn. Poi ancora in programma lo svizzero Reverend Beat-Man, le tedesche Kamikaze Queen ed i norvegesi Twistaroos, guidati dall’esplosiva cantante Vibeke Saugestad. Non mancano i beat nostrani con i Midnight Kings e Tony Borlotti e i suoi Flauers.

Oltre alle esibizioni live il Festival Beat propone il meglio dei d.j. internazionali, mercatini vintage, feste in piscina e presentazioni di libri a tema. È questo ricca offerta che ogni anno attrae migliaia di visitatori. Tra la folla del festival si mischiano operatori del settore musicale, giornalisti, fotografi, titolari di piccole etichette discografiche, designer di abiti, collezionisti e semplici curiosi. Tra costoro ci sono gli habitué del genere, riconoscibili dal look di stretta osservanza Sixties e ragazzi comuni, amanti della musica, che si avvicinano magari per la prima volta alle sonorità beat, proprio grazie al festival.

Un evento sicuramente inusuale sarà, domenica 1° luglio, la messa beat, celebrata alle 12.30 nella cripta della Chiesa di San Vitale Martire. A officiarla sarà don Pier Giacomo Bolzoni e le sonorità della funzione verranno riproposte, in chiave beat, dal gruppo salernitano Tony Borlotti e i suoi Flauers .

La messa sarà anticipata, sabato 30 giugno al Caffè Desireè di Largo Roma (h.18), dalla conversazione “Il fenomeno delle messe beat italiane. Dal Concilio Vaticano II ai capelloni in sacrestia”, alla quale interverranno il critico e giornalista Dario Salvatori e Tiziano Tarli, storico della musica e chitarrista del gruppo beat Gli Illuminati. Per l’occasione saranno proiettati, in anteprima, alcuni estratti del documentario sulla storia delle messe beat italiane “Che il mio grido giunga a te” di Paolo Fazzini, in uscita ad autunno 2012.

Era il 27 aprile del 1966 quando la Messa dei Giovani venne eseguita per la prima volta presso l’aula borrominiana dell’Oratorio di San Filippo Neri alla Vallicella di Roma. Al fenomeno, dapprima tutto italiano, si dedicarono gruppi come Angel and the Brains e i Barritas. Il fenomeno poi si diffuse oltreoceano e anche i The Electic Prunes (niente di meno!) incisero la loro Mass in F Minor.

Fuoco alle micce del beat allora. Sacro o profano che sia. Le ugole stanno già provando le loro armonie vocali in refrain orecchiabili e le chitarre elettriche fremono per uscire dalle custodie e regalare riff frenetici distorti dal fuzz.

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