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Bruxelles, l’Italia rinuncia agli interpreti, e al suo peso in Europa

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Sta facendo molto parlare la decisione del governo italiano di rinunciare agli interpreti in gran parte delle riunioni del Consiglio dei ministri dell’Unione europea a Bruxelles.

In pratica questo significa che i delegati italiani che vengono a Bruxelles a negoziare i nostri interessi dovranno capire e parlare l’inglese. La cabina di interpretazione italiana viene mantenuta nelle riunioni di alto livello, che riguardano ministri e ambasciatori, mentre viene soppressa in quelle più tecniche, cui partecipano di solito funzionari ministeriali. Insomma, si lascia l’interpretazione dove serve di meno e la si toglie dove serve di più. Tutto questo per risparmiare sì e no un milione di euro.

Da notare che la Spagna, economicamente ben più disastrata di noi, si è ben guardata da un taglio simile. Perché alla fine, quel che è in ballo, più che la comprensione linguistica, è l’influenza politica. Le cabine degli interpreti italiani nelle riunioni di Bruxelles valgono quanto valevano le corazzate nella politica estera degli imperi. Nello scacchiere della politica europea la lingua è una delle legittime armi di influenza. Usare la propria lingua, promuovere iniziative in italiano che suscitino interesse, organizzare eventi in italiano, sviluppare studi e ricerca è un modo per accrescere il prestigio e l’attrattiva del paese, il suo peso e la sua considerazione nel mondo.

Il contrario sembrano invece fare le autorità italiane a Bruxelles, dove perfino l’istituto italiano di cultura si mette ad organizzare eventi in inglese, rinunciando alla nostra lingua. Si terrà infatti dal 9 al 13 luglio a Bruxelles l’International Summer Seminar “Italy and the European Union” rigorosamente e solo in inglese. Di solito simili seminari si tengono almeno in due lingue, quella del paese che lo organizza più l’inglese, che è lingua internazionale. Ma il nostro istituto di cultura, che avrebbe proprio la missione di diffondere la nostra cultura all’estero, tradisce platealmente la causa e abbandona la lingua nazionale per l’inglese. Forse credendo così di raggiungere un più ampio pubblico.

I grandi paesi fanno esattamente il contrario: sono capaci nella loro lingua di tale e tanta innovazione, creatività, spregiudicatezza e inventiva da spingere gli altri ad impararla per conoscere le loro idee.

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