C’è una fotografia rivelatrice sul Corsera di ieri: Alfano e Berlusconi insieme, in piedi davanti ad un tavolo rosso, entrambi di profilo: uno alto e l’altro basso, uno stoicamente sorridente e l’altro finalmente cupo, uno giovane e pelato, l’altro vecchio e imparruccato.

Fra loro, una poltrona vuota: uno la propone con la mano sullo schienale, l’altro la fissa, con una mano sul cuore. Neanche Cartier-Bresson avrebbe potuto cogliere con più artistico puntiglio, le trame segrete del naufragando Pdl. Il giovane sa che il vecchio l’ha insediato dove sta, e gli è grato.

Il vecchio incassa la cambiale, ma per ora non ride, non si illude, non si siede. Può, davvero, il satiro di Arcore succedere all’irreprensibile re Giorgio? Può il massimo responsabile della crisi economica, politica, culturale, morale e filosofica del Paese, diventarne il Presidente? Eppure il vecchio B. ci prova: “Non ho ambizioni”, dichiara cauto, mellifluo, tutto unto di spirito di servizio, “ma se me lo chiede il Partito”.

Il Partito, per quanto in via d’estinzione, gliel’ha già chiesto (come rivela il lapsus di Angelino). Gli italiani, come di consueto, non saranno consultati.

Il Fatto Quotidiano 27 Maggio 2012

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