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La sanità è come un casinò

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Ci ha messo 8 anni il buon Vendola a capire che la sanità pubblica e quella privata assistita dai soldi pubblici rappresenta un gigantesco gorgo dove il controllo di gestione è complicato per non dire impossibile quando le relazioni si fanno clientelari. Anche lui è nei pasticci e dovrà chiarire quale strana predisposizione abbia per gli ospedali religiosi, siano il San Raffaele o il Miulli.

Formigoni, che è molto più sveglio di Vendola, al contrario lo ha capito subito tanto è vero che ha schierato sin dal 1995 la propria Invincibile armata per occupare posti di potere a favore dei propri accoliti.

Non so ben se mi indigna di più il (falso) candore di Vendola o il cinico distacco di Formigoni.

Il risultato è che oggi Vendola si accorge che la sanità succhia un sacco di quattrini e Formigoni che i suoi amici, che lavorano in sanità sono un sacco gaglioffi.

Puglia e Lombardia come case da gioco (copyright Vendola) in cui il banco è in mano ai politici (per la sanità pubblica) e ai loro amici (per quella privata). Se sei fuori da entrambe le categorie puoi morire di inedia.

Da Formigoni non mi sono mai aspettato nulla mentre da Vendola uno sforzo maggiore per comprendere la criminogenesi di questo sistema me lo sarei aspettato. A partire dal meccanismo che ci vorrebbe americani nel sistema delle tariffe, e italiani nel sistema dei controlli. Le famigerate DRG (Diagnostic Related Group) su cui si basano i pagamenti forse funzioneranno in America dove i controllori sono le assicurazioni ma in Italia, dove i controllori sono i nostri politici, è pia illusione pensare che possano funzionare.

Delle due l’una: o i politici non si occupano di sanità lasciando il campo a tecnici qualificati oppure si cambi il sistema di pagamento. Forse solo un tecnico a cui sta a cuore la salute della gente e non la salute elettorale del proprio partito, è in grado di valutare la biografia di un individuo come Don Verzè. Vendola e Formigoni non ci sono riusciti.

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