Come trovano lavoro gli italiani? Cresce il ruolo delle agenzie private per il lavoro, in particolare per i giovani e resta costante quello dei Centri per l’impiego. Fermo il canale dei concorsi pubblici. L’intermediazione informale ha invece raggiunto livelli molto alti. E con aspettative economiche negative, si corre il rischio di chiudersi ancora di più a riccio, in una sorta di protezionismo familiare, che potrebbe contrarre ulteriormente i volumi economici e le occasioni lavorative, innescando una spirale negativa.
di Emiliano Mandrone 20.03.2012, lavoce.info

Con la fine dell’era “del posto fisso”, ribadita anche dall’attuale governo, la ricerca di lavoro sembra destinata a diventare una compagna di strada per tutta la vita attiva degli individui e pertanto il ruolo dell’intermediazione riveste particolare rilievo. (1)

Chi trova lavoro agli italiani
È illuminante vedere come hanno trovato lavoro gli italiani. Osserviamo (tabella 1) questi fenomeni attraverso i risultati dell’indagine Isfol Plus del 2010. (2)
Cresce il ruolo delle agenzie private per il lavoro (soprattutto per i giovani) e rimane costante l’entità dell’intermediazione diretta dei Centri per l’impiego (crescente, in accordo con la riforma, l’attività indiretta e la funzione amministrativa, si pensi alla certificazione per la disoccupazione ). Il 17,7 per cento dei match (il 24 per cento per i giovani) avviene su iniziative di promozione personale (le cosiddette auto-candidature) presso i datori di lavoro.
Il canale concorsi pubblici si è inaridito nel tempo a causa sia del blocco delle assunzioni che della riduzione del perimetro della Pa. Si è passato dal troppo di ieri (1 su 3, prima del 1997) al troppo poco di oggi (neanche il 6 per cento dopo il 2003); esponendoci, in assenza di un adeguato turn-over, al rischio di comportamenti opportunistici da parte della componente più anziana della popolazione. (3)

Si può notare come l’espansione nel tempo (figura1) dell’intermediazione informale (i cosiddetti “amici, parenti e conoscenti”) abbia quasi dimezzato le opportunità che transitano realmente sul mercato. Livelli di intermediazione informale così alti – anche tra le posizioni lavorative elevate – rappresentano una implicita  selezione avversa rispetto ai talenti e al merito. C’è stato un concorso di colpa: l’immagine caricaturale della raccomandazione ha sovente suscitato nel nostro Paese sentimenti più di invidia che di indignazione, ottenendo come risultato di inibire gli strumenti di emancipazione, frenare la mobilità sociale, aumentare il mismatch nel mercato e l’inefficienza del sistema. (4) A tal proposito, recente è l’outing del primo ministro inglese David Cameron circa l’uso disinvolto della raccomandazione anche in Gran Bretagna, creando non pochi malumori in un paese (dichiaratamente) votato al merito. (5) Ma non sempre la “rete di conoscenti” conduce a buone occupazioni. (6)

La combinazione di queste tendenze, insieme a una bassa domanda di lavoro qualificato alimentano l’effetto razionamento riguardante le occupazioni di qualità e crea gravi effetti collaterali, quali l’entrata tardiva dei giovani nel mercato del lavoro, la fuga dei cervelli e la scarsa mobilità sociale. (7) Preoccupa, in definitiva, la crescita delle rendite d’appartenenza alla famiglia, al territorio o a una generazione.
Appare singolare la differente indignazione che l’ereditarietà suscita in politica e in economia. Inammissibile appare una trasmissione ereditaria del potere politico, di padre in figlio, di stampo aristocratico. Molto più tollerata è invece l’ereditarietà dei beni economici, del potere industriale, del patrimonio immobiliare. Se la prima non è più una minaccia, la seconda è un problema crescente, non nuovo, al quale la progressività del fisco, le imposte dirette e la tassa di successione ponevano un piccolo limite, svolgendo una rigenerante azione redistributiva. (8)
Con aspettative economiche negative, si corre il rischio di chiudersi ancora di più a riccio, in una sorta di protezionismo familiare, che potrebbe contrarre ulteriormente i volumi economici e le occasioni lavorative, innescando una spirale negativa. Si deve invertire la rotta e smetterla di sostenere ancora questo egoistico laissez-faire, magari aumentando le occasioni palesi di selezione, alimentando una domanda di lavoro qualificata, sostenendo l’internazionalizzazione e la crescita della dimensione media delle nostre imprese, aprendo una nuovo stagione di politiche industriali e, infine, garantendo il credito alle – buone – idee. (9)

(1) Si veda E.Mandrone, “La ricerca di Lavoro in Italia”, Politica Economica, 1/2011.
(2)
L’indagine è nel Psn dal 2006, è rappresentativa della popolazione tra i 18 e i 64 anni, non ha interviste proxy, ha un campione di 40mila individui e ha una vasta componente longitudinale  Per richiedere i dati:plus@isfol.it.
(3) Il blocco delle assunzioni è una soluzione ipocrita. Bisogna salvaguardare la Pa da alcuni che sono già “dentro e in alto” piuttosto che da chi è “fuori e in basso”. Il discredito dell’istituto concorsuale è dovuto al fatto che la selezione non ha premiato i migliori, poiché chi ha esaminato si è prestato sovente ad accomodamenti. Loro andrebbero bloccati.
(4) Un contributo recente è E. Mandrone, “La mobilità sociale”, Osservatorio Isfol, n. 2 del 2011, su www.isfol.it.
(5) “Un aiutino? È pratica che non disdegno. L’ho sempre fatto e continuerò a farlo”. David Cameron, primo ministro del Regno Unito, si schiera a difesa della raccomandazione. “Un aiuto, grazie a buoni contatti, per farsi largo nella vita, o almeno per muovere i primi passi nel mondo del lavoro” Cameron ha ammesso di averlo ricevuto lui stesso, grazie alle conoscenze di suo padre, celebre agente di Borsa. (…) La raccomandazione non è solo un’intramontabile abitudine sudista. Curiosa confessione in un mondo che s’è sempre trincerato dietro lo slogan dell’equità, anzi delle pari opportunità per tutti. Ancor più curiosa, perché giunge dal premier prodotto dell’upper class britannica, svezzato ad Eton, formato a Oxford, dove il network di amicizie è solida garanzia di successo. Da Il Sole-24Ore del 24/4/2011.
(6) Si vedano i lavori di Pistaferri (1999), Pellizzari (2005) e Meliciani e Radicchia (2008). Quando si accede a un posto di lavoro per segnalazione diventa poi difficile affermarsi o far carriera secondo logiche di mercato. Si pensi all’edilizia o al commercio, in cui molti lavorano in aziende familiari: le rivendicazioni salariali o la sicurezza diventano difficili da esigere in un contesto promiscuo in cui la famiglia, il datore, il lavoro e i colleghi sono un tutt’uno.
(7)
Per chi vuol leggere il lavoro completo si veda: E.Mandrone, D. Radicchia, “La ricerca di lavoro: i canali di intermediazione e i Centri per l’Impiego”, Studi Isfol, n. 2 del 2011, su www.isfol.it.
(8) Luigi Einaudi, nel solco della tradizione agraria, suggerì una corroborante messa a maggese dei ruoli sociali.
(9)
Attenzione: non si intende in alcun modo suggerire di consegnare le piccole e medie imprese – e gli uomini e le donne che vi lavorano sul territorio – alla grande distribuzione o ad anonime multinazionali. Al contrario si ritiene opportuna una maggiore cura di quel valore, non solo economico, che rappresentano. Una attenzione che deve salvaguardare e valorizzare le differenze – il nostro vero patrimonio – in termini cooperativi o consortili.

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