Il governo intende lanciare un programma nazionale per lo sviluppo di “città intelligenti”, con un finanziamento previsto di circa un miliardo. Ma una smartcity non è semplicemente una città dotata di un sistema di comunicazione wireless. Nasce piuttosto dalla integrazione e condivisione di dati e servizi. È perciò vitale definire e promuovere un sistema multipolare, aperto e paritario che consenta a chiunque sia abilitato a farlo di interagire con gli altri agenti presenti. Attraverso un processo di elaborazione e standardizzazione che deve essere guidato dall’attore pubblico.

di Alfonso Fuggetta 13.03.2012, lavoce.info

Il tema e le risorse allocate sono certamente importanti e quindi è utile esaminare nel dettaglio cosa si debba intendere per smartcity, quali vantaggi questo tipo di iniziative possa indurre e come è bene investire le risorse.

Cosa non è una smartcity
Spesso, il termine smartcity è evocato per indicare due tipologie di iniziative che, in realtà, non costituiscono il vero cuore del problema. Una smartcity è più di una città dotata di un sistema di comunicazione wireless, così come un sistema ferroviario è più di un insieme di binari. Ovviamente, servono anche i “binari”, ma una smartcity non la si crea, per esempio, semplicemente attraverso progetti come le reti wi-fi cittadine: già oggi nelle città non manca connettività wireless, in particolare, quella 3G offerta dagli operatori. Certamente, maggiore connettività (gratuita o a basso costo) a disposizione dei cittadini potrebbe facilitare la diffusione e fruizione di certi servizi, anche se di fatto una rete wi-fi comunale fa del pubblico un operatore almeno in parziale concorrenza con gli operatori privati. Comunque sia, le reti wi-fi non sono un fattore che di per se stesso generi servizi innovativi o comunque diversi e migliori rispetto a quanto oggi è già disponibile: non apportano nulla di sostanzialmente nuovo o in reale discontinuità con la situazione esistente.

Allo stesso tempo, per rendere “smart” una città non basta immaginare singoli servizi evoluti per l’infomobilità, il controllo energetico, la sicurezza urbana e altri ad alto valore per il cittadino. Ovviamente, questi servizi sono molto utili e desiderabili, ma se concepiti come isole a se stanti, rischiano di non essere efficaci o addirittura irrealizzabili. Per esempio, per fornire servizi di infomobilità di valore è necessario pensare non solo a sofisticati sistemi di pianificazione e ottimizzazione dei flussi di traffico, ma anche e soprattutto a come raccogliere e integrare (in tempo reale o quasi) i tanti dati che sono indispensabili per realizzare queste funzioni di simulazione e calcolo: movimenti dei mezzi pubblici e privati, movimenti dei cittadini, stato dei lavori pubblici, operatività delle utilities (per esempio, la raccolta rifiuti) e tanti altri ancora. Se non ci fosse modo di raccogliere e organizzare questa molteplicità di informazioni, che servono per lo più in forma anonima o aggregata e quindi garantendo la privacy dei cittadini, anche il più sofisticato sistema di monitoraggio, pianificazione e controllo risulterebbe nei fatti inutile.

Le caratteristiche di una città smart
L’esempio dell’infomobilità illustra chiaramente il problema che sta alla base della realizzazione di una smartcity: l’integrazione e la fruizione di dati e servizi scambiati da una molteplicità di attori pubblici e privati. È dalla integrazionecondivisione di dati e servizi che possono nascere funzioni evolute. Perché la condivisione avvenga, è vitale definire e promuovere un sistema multipolare, aperto e paritario che consenta a chiunque sia abilitato a farlo di interagire con gli altri attori presenti nella smartcity. Per esempio, il sistema di infomobilità richiede lo scambio e l’integrazione dei dati delle utilities, delle municipalizzate, di singoli cittadini o di imprese quali le società di antifurto satellitari che possono fornire utili informazioni sui flussi di mezzi privati.

Cosa serve per creare una Smartcity?
Lo snodo essenziale per far sì che ci siano servizi a valore aggiunto (“smart”) per i cittadini è quindi non solo assicurarsi che vi sia una connettività diffusa wi-fi o 3G (condizione necessaria), ma anche e soprattutto definire un modello di cooperazione e di scambio di dati e informazioni tra una molteplicità di sistemi informativi, dispositivi e applicazioni. È la disponibilità e la messa in esercizio di questo modello che rende realmente possibile lo sviluppo di servizi ad alto valore aggiunto e, quindi, “smart”.

Dal punto di vista tecnico-organizzativo, si tratta di promuovere open data e, soprattutto, open services (vedi “Open service nell’agenda digitale”), così come previsto, per esempio, nell’ambito del progetto promosso da Confindustria, Camera di commercio, Assolombarda, Confcommercio, Unione del commercio e società Expo 2015.
Questo tipo di approccio non nasce casualmente o in modo spontaneo, ma si fonda su una visione architetturale, tecnologica e metodologica unitaria che deve essere accettata e adottata da tutti i potenziali attori presenti sul territorio. Tale visione è il risultato di un processo di elaborazione e standardizzazione che deve essere necessariamente guidato dal pubblico in concertazione con le imprese private e con i fornitori delle tecnologie abilitanti. Ciò che è richiesto, quindi, è una accorta e illuminata governance che coordini e integri i lavori dei diversi attori coinvolti. In un paese come l’Italia, è questo il maggiore “costo” e, di conseguenza, ostacolo alla realizzazione di una smartcity.

Lo sviluppo delle smartcity è senza dubbio una priorità importante per il paese. Bisogna peraltro prestare attenzione agli snodi critici da affrontare affinché il programma possa realmente portare i vantaggi che potenzialmente è in grado di offrire. Non si tratta in prima battuta né di pensare a isolati investimenti in reti wireless, né dello sviluppo di singole applicazioni più o meno esoteriche, ma incapaci di dialogare tra loro. Il passaggio chiave è la costituzione di un “sistema nervoso” di comunicazione e controllo che permetta lo scambio e la integrazione di dati e servizi. È grazie a questo sistema nervoso che gli investimenti in reti o applicazioni possono trovare completa valorizzazione, sviluppandosi efficacemente e in modo pienamente sinergico a servizio di una vera città “smart”.

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