Sono stati arrestati su richiesta della Dda di Bologna questa mattina Francesco Agostinelli, Salvatore Di Puorto e Francesco Sinatra. Le accuse per loro sono di estorsione e rapina ai danni di imprenditori romagnoli con l’aggravante del metodo mafioso. L’ordinanza di custodia cautelare, che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Enrico Cieri, è stata eseguita dai carabinieri dell’anticrimine con il Raggruppamento operativo speciale a Fano per quanto riguarda Agostinelli perché è qui ai domiciliari. Di Puorto invece ha ricevuto la comunicazione giudiziaria presso la stazione dei carabinieri di San Cipriano e a Castel Bolognese per Sinatra, anche lui già ai domiciliari per altri motivi.

L’inchiesta si inquadra in indagini che si sono concentrate su tre clan della camorra, quelli dei Vallefuoco, dei Mariniello e della frangia dei casalesi facente capo a Francesco Schiavone (Sandokan). E in questo contesto si calano anche le minacce a mano armata per giungere a un accordo in base al quale spartirsi i proventi delle attività estorsive. È il quadro descritto dalle parole del procuratore generale di Bologna Emilio Ledonne, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, lo scorso ventotto gennaio.

L’attività di oggi scaturisce direttamente dalle indagini svolte nell’operazione Vulcano del febbraio 2011, quando sono state arrestate dieci persone, tra le quali Francesco Vallefuoco dell’omonimo clan casalese e il boss Giuseppe Mariniello, di Acerra (Napoli). In questi casi si parlava di condotte estorsive e usurarie nel periodo tra il 2009 e il 2011.

Negli arresti di oggi, Agostinelli, Sinatra e Di Puorto, oltre a usare le armi, avrebbero detto di essere affiliati alla criminalità campana (casalese e aversana) per intimidire e assoggettare le loro vittime, per acquisire il controllo diretto o indiretto delle loro attività economiche. Rolex, pellicce e beni per 200 mila euro sono stati trovati nel corso delle indagini e secondo gli investigatori gli arrestati sarebbero quasi giunti nell’intento di farsi cedere aziende e immobili dalle loro vittime, con la minaccia di costringerli a sottoscrivere una polizza sulla vita che poi avrebbero incassato, provocandone la morte.

di Oliviero Genovese

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