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Quei poveri catto-licei
di collina

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Giocando con le parole, anzi violentandole attribuendo loro significati che non hanno, sta passando in queste ore (o meglio: in tanti, a destra e sinistra, stanno tentando di farlo passare) un concetto che non ha aderenza con la realtà. Che le cosiddette “scuole cattoliche” siano state create e vivano tuttora per garantire assistenza e istruzione a chi, pensate un po’, non potrebbe altresì permettersi le spese, ad esempio, di un pubblico liceo.

Ergo, l’Imu che dette scuole dovrebbero pagare rappresenta un indicibile attacco a istituti che si occupano di garantire istruzione di alto livello ai meno ambienti, succedanee di uno Stato laico che ha abdicato al suo ruolo. C’è onestamente di che restare stupefatti leggendo del preside dell’istituto Sociale di Torino (gesuiti) dire che se dovranno pagare la tassa saranno costretti a chiudere. E c’è ancora di che farsi cascare la mascella pensando che la stessa cosa la dicano o la pensino a Valsalice, istituto salesiano della collina torinese che, più che altro, è una specie di castello e dove quando i ragazzi escono c’è davanti una tal concentrazione di Suv che sembra di essere nel parcheggio aziendale di BMW e Mercedes.

Sono istituti che non c’entrano nulla con gli asili parrocchiali di cui si vocifera spesso a sproposito e che c’entrano ancor meno con i meno abbienti: ma che hanno avuto tradizionalmente il compito di tenere appartatati (anche con risultati qualche volta problematici sul piano psicologico) i figli delle famiglie perlopiù collinari dagli effetti nefasti di quegli istituti pubblici dove la storia te la facevano studiare sui testi di quel pericoloso comunista del Villari.

Che i responsabili di questi (e altri) istituti si straccino le vesti minacciando chiusure perché dovranno pagare una tassa legittima, da cui è scandaloso siano stati esentati fino ad oggi, è francamente urticante.

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