Mario Monti ieri ha perso una grande occasione. Il presidente del Consiglio ha confermato i capi delle Agenzie fiscali e alcuni dirigenti ministeriali nonostante il sistema dello spoil system gli avrebbe permesso di fare piazza pulita rispetto all’era berlusconiana. In alcuni casi la conferma era una scelta condivisa, in altri il governo ha dovuto tener conto della maggioranza traballante.

In un caso si è passato il limite della decenza: la conferma di Gabriella Alemanno all’Agenzia del Territorio è l’epitaffio sull’era della sobrietà. Quella nomina “su proposta del ministro dell’Economia”, cioè Monti, è inaccettabile per chi ha letto le note spese pazze dell’Agenzia, rivelate dal Fatto.

Sotto la guida del direttore Alemanno i costi di rappresentanza e comunicazione sono aumentati da 100 mila euro a oltre un milione l’anno. Lady Alemanno, detta anche “Alè-magno”, ha consumato pranzi per migliaia di euro nei migliori ristoranti d’Italia e ha sperperato decine di migliaia di euro per sponsorizzare mostre, convegni ed eventi come il Meeting di Rimini (50 mila euro) dove saliva sul palco come oratrice e si faceva notare a spese nostre. Per non parlare dei gioielli e delle celeberrime uova di struzzo donate a non meglio precisate autorità straniere. A Cortina, dopo aver speso 42 mila euro per sponsorizzare la manifestazione alla quale era invitata con il fratello, ha pagato la cena per entrambi. Con i soldi pubblici. Cosa deve fare di più un dirigente per non essere confermato da Monti?

Il premier aveva promesso di approfondire il dossier nella conferenza di fine anno tra una risatina e l’altra. Invece non ha fatto nulla e ha confermato al suo posto un simile campione dello spreco. È stata aperta solo un’inchiesta dal servizio Audit dell’Agenzia del Territorio. Per scoprire chi ha passato le carte al Fatto, però. Non certo per capire chi andava a cena a Venezia con Gabriella Alemanno e altri commensali illustri al ristorante Fiore pagando 850 euro. A quella cena c’era anche il capo del servizio Audit. Ma a Monti questo (forse) non interessa.

Il Fatto Quotidiano, 4 febbraio 2012

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