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Studenti senza borsa?
Ci pensa la polizia

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Paura, disgusto, rabbia. Cosa altro si può provare leggendo le notizie che arrivano da Torino?

Due ragazzi, fratello e sorella, 21 e 19 anni: studiano al Politecnico, in cui fino a pochi giorni fa era rettore l’ora ministro Profumo. Secondo l’EDISU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario del Piemonte) hanno pieno diritto alla borsa di studio, ma per l’assessore regionale Elena Maccanti (Lega Nord) le borse “sono soldi sprecati che la Regione toglie ad anziani e a malati, non è pensabile che in questi tempi di economie la Regione stanzi altri fondi sul diritto allo studio universitario”.

E così Amna e Khaled, ad anno accademico iniziato ormai da mesi, apprendono che la borsa che gli spetta non arriverà mai. Il padre mantiene altri quattro fratelli e non può pagare la retta: gli studenti non riescono a rassegnarsi e così, dopo qualche giorno, a risolvere il problema viene chiamata la polizia. Ora le loro cose sono in un magazzino, i loro sogni invece sono in frantumi.

Molti altri rischiano di seguirne le sorti: sono più di 5.000 gli studenti idonei che però non avranno un euro. Con loro rischiano di tornare a casa anche i lavoratori dell’EDISU: uno smantellamento in piena regola, come se il diritto allo studio fosse ormai un retaggio del passato da eliminare per sempre.

Vengono in mente le parole di Napolitano nel discorso di fine anno: “Si è diffusa, ormai, la convinzione che dei sacrifici siano inevitabili per tutti : ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini, è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. E’ questo obbiettivo che può meglio motivare gli sforzi da compiere.” Viene da chiedersi: in che paese vive? E’ ormai evidente a chiunque abbia occhi per vedere: i sacrifici non li facciamo per sostenere i giovani, ma per mantenere l’ignobile e parassitaria opulenza di una pletora di banchieri e consiglieri di amministrazione.

Questa volta però gli studenti non ci stanno. Ieri sera si sono riuniti in assemblea e poi in corteo si sono diretti alla casa dello studente di via Verdi 15: abbandonata da mesi, proprio come loro. In centinaia l’hanno occupata e ora cominciano a farla rivivere. Il presidente pidiellino dell’EDISU ha subito bollato la loro iniziativa come “un atto di violenza”, ma io vi domando: se occupare un edificio abbandonato per difendere il loro diritto a studiare sancito dalla Costituzione è un atto di violenza, allora voi come definireste la distruzione delle speranze di un’intera generazione?

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