A Bruxelles nessuno ci ha mai creduto davvero. Eccetto forse Antonio Tajani quando era commissario Ue ai Trasporti. Con la pubblicazione delle linee guida delle grandi reti infrastrutturali nel campo dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, il progetto del Ponte sullo Stretto finisce definitivamente nel cestino. Non ce n’è infatti traccia nella lista delle priorità strategiche delle grandi reti transeuropee per il periodo 2014-2020. Per quanto riguarda l’Italia si parla dei collegamenti ferroviari Napoli-Bari, Napoli-Reggio e Messina-Palermo. Ma del Ponte sullo Stretto nemmeno l’ombra.

A togliere ogni dubbio ci ha pensato Siim Kallas, attuale commissario Ue ai Trasporti: “Non prendiamo alcun impegno, è il Governo italiano a dover prendere una decisione”. Il che tradotto in parole semplici vuol dire “l’Europa non ci mette nemmeno un euro perché non è un progetto importante”. Insomma, se il Governo Berlusconi vorrà davvero costruire “il ponte più lungo del mondo” dovrà farlo di tasca propria. E non sarà facile, dal momento che il coordinamento degli studi sugli impatti del Ponte sullo Stretto ha stimato un costo di circa 9 miliardi di euro, senza contare le centinaia di milioni spesi finora in studi e valutazioni preventive.

Non fa una piega il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli, che non domo insiste: “Il Ponte per il governo resta una priorità essenziale per lo sviluppo del sistema dei trasporti dell’Italia”. Tant’è che se Bruxelles non ne vuole sentire parlare, “il Ponte sullo Stretto lo faremo con i soldi dei privati”. Se non ci fossero di mezzo interessi per miliardi di euro sembrerebbe quasi una questione di principio.

Strano che, vista la “vitale importanza” del Ponte per i trasporti italiani ed europei individuata dal ministro Matteoli, la Commissione europea non ne abbia riservato nemmeno un euro dei circa 50 miliardi destinati alla realizzazione delle grandi reti transeuropee, 31,7 dei quali solo per i trasporti (il resti andrà alle reti energetiche e delle telecomunicazioni, in particolare alla diffusione di Internet a banda larga). Si tratta delle cosiddette reti TEN-T, un network fatto di assi prioritari ferroviari, marittimi, portuali e telematici che dovrebbe connettere tutta Europa in modo efficiente e univoco, il completamento ultimo del mercato interno europeo. Più che un progetto unico una visione dell’Europa del futuro, elaborata per la prima volta negli anni Ottanta e finanziata con miliardi e miliardi di euro. Insomma, contrariamente al Ponte sullo Stretto, una cosa seria.

Di sicuro non si può parlare di decisione “anti-italiana”, dal momento che rientrano nelle priorità individuate dall’Ue l’inserimento nel corridoio Baltico-Adriatico dei collegamenti ferroviari e delle piattaforme multimodali di Udine, Venezia e Ravenna, i porti di Ravenna, Trieste e Venezia, l’asse ferroviario Torino-Lione e Genova-Milano-Svizzera, il tunnel del Brennero, il potenziamento della ferrovia Napoli-Reggio Calabria e della tratta Napoli-Bari. Forse anche un miglioramento del collegamento tra Messina e Palermo. “A Bruxelles era chiaro che si trattava solo di un bluff del governo italiano. Esisteva solo nella testa di Berlusconi e Matteoli”, ha commentato a caldo Giommaria Uggias (Idv) membro della commissione Trasporti al Parlamento europeo. “Nelle istituzioni europee era risaputo che il ponte non sarebbe mai stato finanziato. Meglio liberare risorse per opere pubbliche essenziali e alternative come ferrovie ordinarie e collegamenti marittimi”.

L’unico rischio concreto è di perdere questi finanziamenti per l’inerzia del governo italiano. Si perché quelli dell’Unione europea sono solo “cofinanziamenti”, ovvero possono essere stanziati solo in aggiunta ai finanziamenti nazionali di un determinato progetto. Il che vuol dire che l’Ue mette solo una parte, di solito inferiore al 10%, dei soldi che servono alla realizzazione, ad esempio, di una certa tratta ferroviaria. Se Roma non mette il resto, quindi l’assegno più grosso, Bruxelles si riprende i fondi. E’ quello che si sta rischiando con il corridoio V Lione-Trieste. Al di là della battaglia in Val di Susa, l’Italia sta rischiando di perdere l’aiuto Ue per l’assenza di fondi nazionali stanziati al progetto e l’incapacità delle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia di trovare un accordo su dove far passare i binari al loro confine. Nonostante questo rischio, il Ministro Matteoli promette di trovare i 9 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto.

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