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Un sessantottino alla corte della Gelmini

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La missione impossibile di ricucire l’immagine a brandelli della ministro Mariastella Gelmini ha trovato il suo Tom Cruise in uno sportivo sessantacinquenne, sempre dietro le quinte ma ben noto agli addetti ai lavori; reduce dai successi conseguiti quale comunicatore di fiducia dell’altrettanto ministro per caso Franco Frattini, ormai consacrato nell’immaginario collettivo quale sublime icona del politico surgelato: il professor Tonino Bettanini.

Un nuovo impegno al servizio dell’impensabile (far credere che la Gelmini sia un ministro) che suscita nello scrivente, frequentatore del Bettanini sui banchi di scuola e nei campetti di calcio, profonda tenerezza. Dove sono finite le nevi di un tempo cantate da François Villon? Gli anni in cui il rampollo della buona borghesia genovese bordeggiava Lotta Comunista con barba incolta e abbigliamento sbulinato. Si era al tempo del Sessantotto, quando pareva che il “Sol dell’Avvenire” stesse per sorgere in un’alba tinta di rosso rivoluzione. E in tanti corsero a posizionarsi nella parte presunta vincente.

Poi vennero gli anni del Riflusso e la craxiana “Milano da bere” sembrò essere sul punto di tracannarsi l’intera penisola. Così frotte di fino ad allora “metafisici” si riscoprirono scettici, anzi pragmatici; accantonarono i simboli proletari per adottare quelli del nuovo rampantismo. Il migliore reclutatore del nuovo corso era il delfino del boss Bettino, Claudio Martelli, e ritroviamo il revisionista Bettanini alla sua corte; ormai sbarbato e inguainato in svelti completini similmanageriali. Sempre fiducioso di stare dalla parte giusta.

Mani Pulite prese in contropiede lui come tanti altri. Ma intanto, nelle botteghe della consulenza, si era inventato un nuovo mestiere, quasi una sorta di bene rifugio: il comunicatore. Professione che non ha niente a che fare con la “svolta comunicativa” della filosofia novecentesca – da Wittgenstein ad Habermas – riducendosi all’inventare balle spudorate per infinocchiare il pubblico. In politica nasce – così – la figura che gli anglosassoni chiamano “spin-doctor”: gli efferati cacciaballe al servizio degli sfracelli che in qualche decennio hanno devastato la politica e imbellettato scelte rivelatesi mortali per la civiltà occidentale. Dallo spin di Bush jr. Karl Rove a quello di Tony Blair Alastair Campbell, una coppia di atlantici che hanno dato uno straordinario contributo comunicativo nell’ingannare vasti pubblici sulle armi di distruzione di massa in Iraq, via d’accesso alla militarizzazione suicida del mondo.

Bettanini, caratterialmente minimalista, vola molto più basso, anche perché i suoi datori di lavoro sono personaggi da parrocchietta. Ma sempre servendoli al meglio (difatti ogni volta lo ritroviamo ben piazzato nei Palazzi del Potere), in un cursus honorum grazie a cui è diventato Consigliere del Ministro della Funzione Pubblica, addetto stampa presso la Presidenza del Consiglio e sino a ieri Consigliere per il Coordinamento della Comunicazione Pubblica presso il Ministero degli Affari Esteri.

Non è chiaro con quali effetti positivi, appurato il prestigio che i suoi datori di lavoro hanno conseguito in ambito nazionale e internazionale. Ma le sue certamente notevoli benemerenze potrebbero sfuggirci per nostra insipienza.

Sicché il comunicatore di personaggi incomunicabili si è messo subito al lavoro. Già domenica dichiarava prontamente: «sono convinto che la Gelmini non meriti il trattamento che ha subito. La conosco e la stimo».

Stiamo parlando della propugnatrice del merito in cerca della commissione più compiacente per superare l’esame da procuratore, della responsabile dell’education nazionale che mantiene rapporti conflittuali coi congiuntivi, della certificatrice di test sbagliati, della banditrice del celebre tunnel Ginevra-Gran Sasso

Però il suo nuovo portavoce non si perde d’animo. Tanto, lui la stima. E la tenerezza nei suoi confronti diventa preoccupazione: se scoprisse ancora una volta di non essere dalla parte giusta?

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