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La Rai e il giro che non c’è

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Forse non sarà “politicamente corretto”, ma ho una grande simpatia per quelle cittadine e quei cittadini che stanno contestando, chilometro dopo chilometro, il cosiddetto giro della Padania, una corsa di partito mascherata da competizione sportiva.

Bene ha fatto il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, a denunciare questo spot travestito da competizione e bene ha fatto il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, a vietare il passaggio nel principali vie cittadine, perché “questo giro è stato deciso poche settimane fa, perché si tratta di una provocazione promossa in occasione del 150° anniversario dell’unità di Italia, perché, dopo i tagli del governo, non siamo in grado di garantire la sicurezza”; per una volta l’ironico richiamo alla sicurezza ci sembra quanto mai azzeccato. Il servizio d’ordine se lo facciano fare dalle “ronde padane” e se lo paghino con i soldi delle province che non hanno voluto sopprimere.

Perché mai tutti dovrebbero piegare la testa di fronte a questa pagliacciata? Un giro inventato dal nulla, una provocazione dichiarata, che ha giustamente suscitato l’indignazione di chi ha deciso di esporre gli striscioni con la scritta “Roma Ladrona”.

In tutto questo spicca ancora di più il servilismo, il lecchinaggio della Rai che, invece, ha deciso di dedicare un’ora di trasmissione al giorno sui canali di Rai sport digitale, al “Giro che non c’è”. “Siamo stati costretti a farlo, perchè lo ha chiesto la Federazione ciclistica nazionale”, hanno sussurrato i capitani coraggio di Viale Mazzini.

Quello stesso gruppo dirigente che, in questi giorni, è impegnato nella rimozione di Serena Dandini, nella distruzione finale di Rai 3, nei richiami alla redazione del Tg2 che ha osato protestare perchè da mesi non ha più un direttore, quello stesso gruppo dirigente non ha trovato il tempo di balbettare qualcosa sul giro della Padania, non è riuscito a staccare la spina alla diretta di regime, e questo perchè non può disturbare i sonni di Umberto Bossi che a Berlusconi ancora assicura la sopravvivvenza politica.

Continuiamo a opporci allo stravolgimento dello statuto dei lavoratori e alla abrogazione del principio della “giusta causa”, ma questi signori andrebbero cacciati per  “giustissima causa” avendo servito una “ingiustissima causa”.

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