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Rai: la politica del masochismo

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In questi giorni Franco Monaco della direzione del Pd, ha riempito le agenzie stampa di dichiarazioni: “Si faccia finita con la litania della riforma della Rai e del passo indietro della politica. Solo i gonzi ci possono credere”. Lo ammetto, sono tra quei gonzi che credono che la Rai possa esistere senza i partiti e la riforma che si deve lasciare alle spalle il disastro della legge Gasparri (negazione del pluralismo attraverso il consolidamento del duopolio Rai-Mediaset), non solo è possibile è obbligata.

In Rai siamo in tanti che, nonostante le pressioni dei politici (micidiali quando si realizzano programmi di successo), tiriamo avanti per la nostra strada avendo un unico riferimento: il telespettatore. Non è questione di schiena dritta ognuno si porta dietro la propria storia e i propri maestri. È evidente che il politico del Pd, che ha una storia diversa dai vari D’Alema, Veltroni, Violante, ecc. (arriva dal mondo cattolico), non conosce sufficientemente le vicende della tv altrimenti avrebbe fatto tutto il possibile per convincere i vertici Rai, soprattutto quelli nominati dal Pd, a non regalare il direttore di Rai3 Ruffini alla   concorrenza.

Monaco non ricorda, probabilmente, che tra un governo e l’altro del Cavaliere ve ne è stato uno di centrosinistra che non ha volutamente affrontato il conflitto di interessi, non ha dato risposte all’Unione europea che per tre volte aveva condannato la legge Gasparri. Quella del Pd, prima ancora dei Ds e del Pds, di non “disturbare” sua Emittenza, è stata una scelta politica. Violante in più occasioni promise che le reti Mediaset non sarebbero state toccate, infatti il governo D’Alema garantì l’abusivismo di Rete 4 confermando l’ingiustizia nei confronti di Europa7. Lo stesso D’Alema, appena arrivato a Palazzo Chigi, dichiarò: “Mediaset patrimonio culturale del paese”.

È grazie alla parola inciucio, nata in occasione della bicamerale per le riforme, che B., da quando è “sceso in campo”, ha aumentato il fatturato di 25 volte, oltre a essersi posto al di sopra della legge. Se c’è un partito che da sempre si è dimostrato molto “interessato” alla Rai è il Pd. Nell’ultimo cda inserisce due suoi uomini oltre a concordare il nome del presidente (così detto di garanzia). Mentre il segretario Bersani dichiara che non si siederà mai al tavolo delle nomine, l’infaticabile D’Alema trama per l’arrivo della Berlinguer alla direzione del Tg3 e la sostituzione di Ruffini a Rai3 con Di Bella. Mentre Monaco, a modo suo, tenta di difendere il servizio pubblico, non sa che qualcuno del suo partito sta già trattando il dopo Ruffini.

Il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2011

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