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Cesaro e la camorra, la storia inizia da lontano

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“Il Cesaro ha spiegato che al fine di sottrarsi alle pesanti richieste estorsive del gruppo Scotti chiese i buoni uffici di Rosetta Cutolo (la sorella del boss di Ottaviano Raffaele Cutolo, ndr) la quale inviò una lettera di ‘raccomandazione’ allo Scotti. Tale lettera consegnata da due donne, emissarie della Cutolo, al Cesaro, venne da costui a sua volta consegnata allo Scotti, che da quel momento cambiò “atteggiamento” nei confronti dell’impresa edile Cesaro. E poi: “Il quadro probatorio relativo alla posizione del Cesaro non può definirsi tranquillante. L’amicizia dell’imputato con tutti i grossi esponenti della Nuova Camorra Organizzata può trovare la sua ragione d’essere nella necessità di evitare pesanti sacrifici economici, come sostiene l’appellante, ovvero in una sorta di compiacimento psicologico per tante importanti “conoscenze”. Il dubbio però che l’imputato abbia in qualche modo reso favori ai suddetti personaggi per ingraziarseli sussiste e non è superabile dalle contrastanti risultanze processuali”.

E’ interessante rileggere le controverse motivazioni con cui la Corte di Appello il 29 aprile 1986 assolse il presidente Pdl della Provincia di Napoli Luigi Cesaro dalle accuse di favoreggiamento dei più spietati criminali dei clan vesuviani, oggi che è ancora fresco di inchiostro l’articolo di Rosaria Capacchione su “Il Mattino” che ne riferisce l’iscrizione nel registro degli indagati per camorra in una nuova inchiesta sulle cosche di Sant’Antimo e Aversa, le zone dalle quali Cesaro proviene e ha spiccato il volo verso il Parlamento, in quota Forza Italia e Pdl.

Arrestato, condannato nel 1985 in primo grado a cinque mesi di reclusione, sentenza poi ribaltata in Appello e definitivamente annullata in Cassazione dal giudice Corrado Carnevale, tutta la carriera imprenditoriale e politica del parlamentare-presidente di Provincia si è svolta sul filo di rapporti mai chiariti con ambienti contigui alla criminalità organizzata. Rapporti illustrati in alcuni verbali del pentito Gaetano Vassallo, riportati qualche anno fa in diversi articoli sull’Espresso, che definisce Cesaro un “fiduciario del clan Bidognetti” e riferisce di contatti tra il politico e i camorristi in occasione dei lavori di riconversione degli stabilimenti della Texas di Aversa: «In quell’occasione si era quantificata la mazzetta che il Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro sponsorizzata dal clan Bidognetti».

Stando alle confessioni pubblicate dal settimanale, Vassallo avrebbe riferito pure di un incontro tra il parlamentare e Luigi Guida, detto “’o Drink”, un elemento di primo piano del clan Bidognetti: «Io mi meravigliai che il Cesaro avesse a che fare con Guida…». Io invece, fatta salva la presunzione di innocenza di Cesaro, mi meraviglio che una persona con trascorsi simili, che ritenendosi vittima di un camorrista invece di correre dai carabinieri è andato a chiedere protezione ad altri camorristi, sia diventata parlamentare della Repubblica e presidente della terza provincia d’Italia. L’unico Paese dove queste cose possono avvenire nel silenzio rotto solo da pochi giornali coraggiosi.

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