La finta legge moratoria sul nucleare rischia di passare alla storia per l’ultimo bluff di Berlusconi, ma le conseguenze di quel bluff potrebbero ancora esplodere nei prossimi giorni.

Ecco un caso in cui è proprio necessario fare una premessa di voto: io sono contrario al nucleare. A chi interessano i motivi della mia contrarietà, li può leggere qui. Eppure il nuovo quesito rischia di creare un effetto paradosso come non s’è mai visto prima nella storia italiana. Vediamo perché.

Sul sito Democrazia e legalità, di Elio Veltri, i giuristi Gabriele Pazzaglia e Marco Ottanelli riassumono a mio parere in modo corretto cosa è accaduto fin qui con il quesito sul nucleare. Come recita la Gazzetta Ufficiale del 4 aprile 2011, esisteva un Decreto Legge, denominato 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”. Di questo testo di legge, il comitato referendario voleva abrogare alcuni articoli e commi e su questo testo sono state raccolte le firme per il referendum abrogativo.

Come sappiamo, il governo Berlusconi – nel tentativo di non far svolgere il referendum contro il nucleare dopo lo choc di Fukushima, per paura che aiuti il raggiungimento del quorum il 12 e 13 giugno, quorum che potrebbe cancellare anche la legge ad personam che rende il presidente del Consiglio “più uguale” degli altri cittadini dinanzi alla legge – il giorno 26 maggio ha approvato in Parlamento una nuova Legge che è una vera e propria moratoria contro la legge precedente, che istituiva il piano per il nucleare (Legge 6 agosto 2008, n° 133). Moratoria poi però pubblicamente sconfessata dal presidente del Consiglio stesso, che in conferenza stampa assieme al presidente francese Sarkozy ha ammesso il suo bluff.

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere su cosa fare del referendum abrogativo verso una legge messa in moratoria-bluff, ha “visto il bluff” del governo e ha trasferito la richiesta di abrogazione dalla legge che istituiva il nucleare, alla legge moratoria-bluff, e precisamente, come si legge sulla nuova scheda elettorale: “Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del Dl 31/03/2011 n° 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n° 75?”

Ora, l’articolo 5 ha un titolo: “Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari”. Il  comma 1 di quell’articolo 5 recita:

“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.

Quindi il nuovo quesito referendario abrogherebbe un comma che stabilisce che il governo NON intende procedere verso la costruzione di centrali nucleari. Sul punto Pazzaglia e Ottanelli offrono un quesito che faccio mio:

“Chiaramente, l’intento della Cassazione dovrebbe essere quello di andare incontro alle intenzioni dei referendari, eppure rimane un piccolo dubbio, chiamiamolo così, lessicale: se abroghiamo una norma che prevede che non si attua il programma nucleare, che rimane?” Se abrogo una legge che abroga il nucleare, che rimane? Il nucleare!

Quanto al comma 8, assai più lungo, in sostanza dice:

“Dopo un anno dall’entrata in vigore della legge sulla moratoria, il governo, sentiti gli organi competenti, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo”.

Quindi, sempre come notano i due colleghi di Democrazia e Legalità, il comma 8 non parla mai esplicitamente di nucleare, ma di piani per l’efficienza, la sicurezza, la competitività, la differenziazione delle forme energetiche.  E Pazzaglia e Ottanelli pongono un’altra domanda che mi sento di condividere: “Allora la risposta alla domanda ‘cosa cambia, se vince il Sì?’ non può che risiedere nella normativa che risulterebbe residua, ovvero tutti gli articoli ed i commi che sopravviverebbero della legge 26. Essi sono tutti abrogativi o modificativi della precedente legge sul nucleare, quella che era originariamente oggetto di referendum.”

Riassumendo, il 12 e 13 giugno siamo chiamati a votare per l’abrogazione di commi che mettono una (finta) moratoria sulla legge che dà il via alle centrali nucleari in Italia. Certo, rimarrebbero in piedi i commi 2, 3, 4, 5, 6, 7 che espungono il nucleare dai piani dal governo, ma non impegnano esplicitamente il governo a non iniziare centrali nucleari (cosa invece stabilita dal comma 1, abrogato se vince il Sì e c’è quorum).

Urge allora, come già sostenuto dal giurista Stefano Rodotà, un intervento della Corte Costituzionale, effettivamente investita sulla questione da parte del Governo Berlusconi. Però la Corte dovrebbe secondo me interpretare questo pasticcio dicendo al caro Governo Berlusconi: la legge  26/05/2011 n° 75 e poi smentita dal presidente del Consiglio in pubblico è anti-costituzionale perché rappresenta un modo fraudolento di confondere gli elettori chiamati a referendum abrogativo sul Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133.

Tra l’altro, a fronte di una simile decisione della Corte Costituzionale, si risolverebbe pure il problema non marginale del voto degli italiani all’estero, che si sono già espressi con le schede vecchie, quelle che abrogavano la legge originale del Governo Berlusconi pro-nucleare. Italiani all’estero che, col nuovo quesito, dovrebbero rivotare in massa, con il conseguente dilemma riguardo a come conteggiare quegli elettori nel computo dei votanti necessari per il famoso raggiungimento del quorum.

Per finire una domanda mia che pongo ai lettori: ma è possibile andare avanti con una simile classe di governo?

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