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Vito Quinci, la burocrazia che scoraggia le denunce

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Ogni giorno incontriamo imprenditori strozzati, spremuti, depredati che hanno il coraggio di resistere e di affrontare quelle assurde incongruenze che trasformano i meccanismi burocratici in una mannaia che si abbatte, su uomini e cose, senza tener conto del coraggio della denuncia.

Questa non è solo la storia di Vito Quinci, è la vita vera che scorre consumandoci: “Negli ultimi undici anni ho affrontato un vero e proprio calvario per portare avanti un progetto imprenditoriale. Ad oggi non sono in grado di sapere se tutti i sacrifici fatti porteranno mai a qualche risultato”.

Vito è un imprenditore di Mazara del Vallo e da anni cerca di realizzare diverse strutture alberghiere nel trapanese siculo, una delle zone di maggiore pregio turistico.

Nel 2009 ho citato in giudizio due banche – spiega – per danni causati a me e alle mie aziende per 40 milioni di euro. Ma, oltre a questo, subivo continui danneggiamenti, minacce e fatti estorsivi. Nel 2010 ho denunciato alla procura. A maggio, grazie alle mie dichiarazioni, sono stati arrestati due consiglieri comunali e nell’agosto di quell’anno il prefetto di Trapani, su parere conforme del procuratore di Marsala, mi ha ammesso al beneficio previsto dalla legge antiracket, che prevede la sospensione per 300 giorni di tutte le procedure civili e dei pagamenti. Ma, nonostante questo, a dicembre dello stesso anno un giudice del tribunale marsalese ha dichiarato il fallimento delle mie società, non tenendo in alcuna considerazione i fatti denunciati. E’ iniziato il disastro economico. Abbiamo fatto ricorso ed entro maggio ci sarà l’udienza. La giustizia dovrà pur esistere”.

di Laura Galesi e Marcello Ravveduto
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