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I diritti umani violati per il matrimonio reale

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Abbiamo tutti assistito (quasi tutti, io no) al matrimonio dell’anno in quel di Londra, capitale dei “diritti umani”. Dicono che sia stato molto romantico. E anche un po’ kitsch.

Io ho ricevuto da Annie Machon, ex agente dei servizi segreti britannici, attivista per la verità sull’11 settembre, la notizia che la polizia britannica ha arrestato, la sera prima e quello stesso giorno, un giovanotto di nome Charlie Welch, poi definito “noto anarchico”, e un gruppo di squatter ambientalisti che volevano fare un po’ di teatro urbano per ridere sull’evento romantico. Non senza avere cancellato (con qualche scusa tecnica) pezzi sparsi di Facebook e di YouTube dove costoro avevano enunciato i loro programmi “criminosi”.

Ecco l’Occidente appena salito in cattedra con i suoi bombardieri sulla Libia, in difesa dei diritti umani.

Per non turbare il romantico matrimonio, con cui i cervelli di decine di milioni di spettatori sono stati inzuppati di zucchero filato, si mettono in galera, per supposto “crimine intenzionale”, cittadini del Regno Unito che, semplicemente, non erano d’accordo di subire un waterboarding di melassa. Verrebbe da dire che i diritti umani violati sono quelli, in primo luogo, delle decine di milioni di spettatori. Ma anche i poveri disgraziati che sono stati sequestrati illegalmente dal “Ministero britannico dell’Amore” meritano il nostro modesto ricordo.

Vorrei parafrasare qui quel famoso apologo di Martin Niemöller:

Vennero per cercare gli ebrei, ma io non ero ebreo e non aprii bocca;
poi vennero per cercare i negri, ma io non ero nero e non dissi nulla;
poi vennero per cercare i musulmani, ma io non ero musulmano e non ebbi niente da dire;
poi vennero per cercare gli estremisti, ma io non sono mai stato estremista e quindi mi guardai bene dal reagire;
poi vennero per me, ma non c’era più nessuno che potesse parlare in mia difesa.

Siamo davvero molto lontani da questo esito?

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