Almeno in parlamento, un “vaffa” può costare una censura. E’ questa la sanzione più probabile per il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che la scorsa settimana aveva lanciato l’insulto in direzione del presidente della Camera Gianfranco Fini.

Domani alle 9, l’ufficio di presidenza della Camera potrebbe vedersi recapitare una “durissima lettera di censura” nei confronti del ministro, firmata dai deputati questori di Montecitorio. Starà poi all’ufficio stabilire l’eventuale sanzione per La Russa.

La censura ha una sua tradizione – la subirono gli onorevoli Paolo Cento e Vittorio Sgarbi – ed era già stata richiesta dalla maggioranza. L’ufficio di presidenza d’altronde non ha alternative: non può pensare di sospendere l’onorevole dai lavori o dalle votazioni, perché la Costituzione prevede la partecipazione ai lavori d’Aula dei membri del governo. E La Russa è anche ministro.

Per risolvere la questione – che si pone per la prima volta – servirebbe una modifica del regolamento. Modifica subito chiesta dal presidente Fini, che ha affidato il compito a due componenti della Giunta, per evitare che l’attuale norma determini per i deputati membri del Governo “una sorta di immunità nel linguaggio e nei comportamenti che non spetta agli altri deputati”.

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