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Eppure ho festeggiato

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Non mi considero una patriota. Non lo sono mai stata. Non mi viene naturale alzarmi e cantare l’inno con una mano sul cuore come fanno gli americani. E ho una lunga lista di critiche e appunti da fare ai miei connazionali (me inclusa). Ma, soprattutto da quando vivo all’estero, mi sono resa conto del patrimonio storico, artistico, culturale del nostro bel paese. Quale altro paese vanta scrittori come Dante e Manzoni e artisti come Michelangelo e Leonardo? Quale paese può offrire ai suoi visitatori storia e arte anche nelle cittadine più piccole e impensate? Il mio coinquilino (inglese) giorni fa mi ricordava come siamo fortunati: “Qui in Inghilterra vai a visitare Londra, ma poi nelle altre città c’e’ ben poco se paragonate all’Italia…Roma, Venezia, Firenze, Milano, la Sardegna, la Sicilia, il Salento… potresti girare l’Italia per mesi e mesi senza annoiarti mai”. Vero. “E poi il clima…”. Vero. “E il cibo”. Vero.

Poi però apri un giornale, accendi la Tv, e ti viene voglia di prendere a calci qualcuno. Ascolti esterrefatto l’attualità politica che ruota attorno alle vicende giudiziarie di un anziano miliardario maniaco che tiene sotto costante minaccia l’intero Paese. E leggi di consiglieri, deputati e perfino ministri di un partito ben preciso che vanno a bersi il caffè al momento della celebrazione dei 150 anni d’Italia, ma sono sempre presenti al momento di riscuotere il lauto stipendio da “Roma ladrona”. Che tristezza. E allora ti domandi: “Ma che c’e’ da festeggiare in un Paese ridotto in queste condizioni?”

Ci ho pensato. A lungo. E ieri ho deciso di festeggiare. Di esporre la coccarda tricolore. Di sentirmi un po’ più italiana del solito. Per ricordare a questi signori che stanno rendendo il nostro bel paese ridicolo agli occhi del mondo e stanno cercando di rovinare decenni di lotte e di conquiste sociali e democratiche, che c’è chi a questo malmesso Paese ci tiene e farà il possibile per difenderne i valori che storicamente lo hanno caratterizzato. E per i quali molti connazionali hanno dato la vita. Si staranno rivoltando nelle tombe. E forse ci staranno chiedendo di resistere, resistere, resistere.

di Laura Canali, studentessa Master of Law in International Human Rights Law and Practice a York, Gran Bretagna

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