Hare and Burke Persino il grande poeta gallese Dylan Thomas si interessò ai loro omicidi seriali, scrivendo una sceneggiatura portata sullo schermo solo quarant’anni dopo. A conferma di quanto gli assassinii perpetrati – tra il 1827 e l’anno successivo – da tali William Hare e Brendan Burke abbiano inciso sulla cultura popolare non solo di quella di Edimburgo in cui avvennero, canzoni e filastrocche per spaventare i bambini, libri e quadri danno da quasi due secoli la propria versione della storia. Addirittura un termine del vocabolario inglese (burking: soffocare e comprimere il petto) deriva da un modus operandi che alla somministrazione più o meno coatta di alcol faceva seguire il soffocamento delle vittime designate.

Storicamente, la vicenda dei due immigrati irlandesi che fornivano, uccidendo, cadaveri freschi da dissezionare a fini scientifici ebbe una risonanza cui seguì almeno una conseguenza positiva: al fine di scongiurare altri crimini per il reperimento di corpi da studiare, dopo la scoperta dei diciassette omicidi dei due compari ci fu il varo dell’Anatomy Act, che ampliò l’accesso al materiale umano necessario ai corsi di anatomia per cui le università di Edimburgo erano rinomate in gran parte del mondo. Famosa quasi come il whisky, non c’è da stupirsi se la tremenda coppia di delinquenti ha popolato riduzioni radiofoniche, televisive e, ovviamente, cinematografiche.

Presumibilmente non ultima versione, arriva nelle nostre sale dal 25 febbraio Ladri di cadaveri – Burke & Hare di John Landis, il regista di The Blues Brothers, che torna al cinema dopo dodici anni di televisione forzata dimostrando peraltro di avere ancora molto da dire. Simon Pegg e Andy Serkis interpretano i due assassini, mentre Tom Wilkinson è quel dottor Knox sempre pronto a comprare cadaveri freschi senza curarsi della provenienza. Nel tipico stile delle commedie macabre di Landis, i noti fattacci sono smussati da situazioni paradossali e da un ritmo slapstick efficace e genialmente fuori moda, abbelliti inoltre da una fascinosa cornice scenografica oltreché da un girotondo di illustri camei tra cui quelli di Christopher Lee, Ray Harryhausen, Jenny Agutter e John Woodwine, il dottor Hirsch di Un lupo mannaro americano a Londra.

Indimenticabile dottor Knox fu anche il venerando Peter Cushing in Le jene di Edimburgo (1959) di John Gilling, horror in bianco e nero ben più riuscito del colorato Burke and Hare – Mercanti di carne umana di Vernon Sewell (1971). Come accennato, per far fronte a problemi economici, anche Dylan Thomas si dedicò, intorno alla metà degli anni Quaranta, ad uno script sulla vicenda che vedrà la luce solo nel 1985 col titolo Il dottore e i diavoli e la regia dell’esperto Freddie Francis. E ancora Val Lewton produsse nel 1945 La iena – L’uomo di mezzanotte, tratto dal romanzo The Body Snatcher (1884) di Robert Louis Stevenson, evocativo dei noti fatti ma non direttamente ispirato. Una delle indiscutibili vette del cinema dell’orrore in cui Boris Karloff è il becchino-procacciatore di corpi che tormenta l’ambizioso medico di Henry Daniell. C’è anche Bela Lugosi. Irrinunciabile.

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