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Giorgia lascia. E i giovani Pdl affilano le armi

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La “piccola”, come l’apostrofò Berlusconi nel congresso fondativo del Pdl (“la zoccola” secondo le orecchie dei maligni – sentire per credere), è cresciuta. La zarina dei giovani di destra, che domani compie 34 anni, è costretta a lasciare lo scettro. Perché quella di Berlusconi non è l’unica successione che farà scannare le correnti del Pdl. Il regolamento della Giovane Italia, l’organizzazione giovanile del partito del premier, fissa l’età massima a trentacinque anni e così Giorgia Meloni, presidente nazionale del movimento, dopo quasi quindici anni di regno incontrastato (iniziato ai vertici di Azione Studentesca nel lontano 1996) dovrà passare la mano. Al prossimo raduno di Atreju, la festa dei ragazzi del Pdl, non sarà più lei ad intervistare Berlusconi dietro una torre di cartapesta. I baby dirigenti – e i loro potenti padrini di viale dell’Umiltà – affilano le armi, pronti a darsi battaglia per prendere il suo posto. “Voleranno gli stracci” assicurano i militanti.

Ad aprile 2009 per costituire l’organigramma del movimento giovanile senza avere troppe grane con le divisioni interne, Berlusconi ha puntato sull’usato sicuro, utilizzando il vecchio metodo Forza Italia: vertici nominati dall’alto (cioè da lui) e posti spartiti col bilancino tra i due movimenti fondativi, con l’ex An Meloni nel ruolo di presidente e come coordinatore nazionale l’azzurro Francesco Pasquali (poi passato armi e bagagli a Fli – pare in cambio di un posto da deputato nella prossima legislatura – e rimpiazzato da Annagrazia Calabria, la più giovane deputata della legislatura, fedelissima del premier). All’epoca i ragazzi di Azione Giovani – abituati a tessere & congressi – riuscirono a strappare, nello statuto del Pdl, l’obbligo di indire entro un anno un congresso “vero”, vincolando Berlusconi a “ratificare” e non più nominare i dirigenti eletti dalle assemblee. E il congresso ora si terrà. Prima dell’estate o al massimo – in caso di voto anticipato – entro dicembre.

Perché finora l’unica cosa che hanno scelto i militanti della Giovane Italia (tramite un sondaggio on-line) è stato il simbolo dell’organizzazione: un’ala tricolore su sfondo bianco. Ma ora, con il tesseramento aperto, si fa sul serio. I big del partito – da Gasparri a Cicchitto, passando per Alemanno e Verdini – sono pronti a scendere in campo per piazzare i “loro” ragazzi nei posti chiave. L’addio della Meloni è molto temuto dagli ex An, preoccupati che l’assenza del ministro della Gioventù in cabina di regia possa consegnare le redini dell’organizzazione al gruppo degli ex Forza Italia, fortemente sponsorizzato da Cicchitto e Verdini, intenzionati a trasformare i giovani in un comitato elettorale permanente a disposizione del leader. Ma loro, gli eredi del Fronte della Gioventù, a diventare i “Silvio boys” non ci pensano proprio. Le tessere – secondo i primi conteggi – sono dalla loro parte (soprattutto nella federazione di Roma) e Berlusconi, per la prima volta, potrebbe essere costretto ad avallare le decisioni prese dal basso. Sempre che la nascita della nuova “Italia”, con un colpo di spugna non cancelli anche la “Giovane” Italia.




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