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Il Giornale e la libertà di stampa

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Per favore, non ci vengano a dire che la procura di Napoli minaccia la libertà di stampa! L’inchiesta che vede sotto accusa la direzione del “Giornale” non ha nulla a che fare con la libertà di stampa e tutto a che fare con ciò che nel linguaggio corrente si chiama ricatto e in linguaggio giuridico l’accusa di “concorso in violenza privata”. Che viene infatti rivolta dalla procura di Napoli a Sallusti e Porro, direttore e vicedirettore del “Giornale”. Un giornale ha il diritto, anzi il dovere – cui pochissimo ottemperano – di fare inchieste scomode per i potenti. Ma per pubblicarle, non per usarle ad altri scopi. Guardiamo perciò la sequenza degli eventi.

Marcegaglia, presidente di Confindustria, pubblica sul Corriere della Sera un’intervista considerata come un duro attacco al governo Berlusconi. Parte un sms di Porro all’assistente di Marcegaglia, Renato Apisella, con un inequivocabile “Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia”. Segue telefonata fra i due in cui Porro spiega “Adesso ci divertiamo per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcecaglia come pochi al mondo!” e per fare buon peso aggiunge che non sta affatto scherzando.

La Marcegaglia chiama il braccio destro di Berlusconi da una vita, Fedele Confalonieri, perché intervenga. Seguono nuove telefonate di Porro a Apisella, in cui propone: “Dobbiamo trovare un accordo perché se no non si finisce più, qui…la signora se vuole gestire i rapporti con noi deve saper gestire”. Specificando: “Quello che cercavo di dirti è che dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa, vantaggiosa nel senso diciamo delle notizie delle informazioni della collaborazione no”.

Se fosse un telefilm si tratterebbe della famosa e definitiva “pistola fumante”. Ma Porro, sostenuto da Feltri, la butta in pochade. E’stato tutto uno scherzo per divertirsi alle spalle di Apisella. Alla Marcegaglia proprio uno scherzo non era sembrato, visto che fa mettere a verbale dalla procura di Napoli che “dopo il racconto che Arpisella mi fece, ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto per la mia persona e per la mia immagine… “Il Giornale” e il suo giornalista hanno dunque tentato di costringermi a cambiare il mio atteggiamento … Non mi era mai capitato che un quotidiano ovvero qualsivoglia altro giornale tentasse di coartare la mia volontà con queste modalità per ottenere una intervista ovvero in conseguenza di dichiarazioni da me precedentemente rilasciate”.

Ma visto che al “Giornale” dicono di essere giornalisti e basta, aspettiamo che pubblichino le venti puntate di inchiesta solennemente annunciate.

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