Il mondo FQ

L’Obama italiano e le lezioni progressiste

Icona dei commenti Commenti

Con un bell’articolo su Il Fatto Quotidiano di venerdì scorso, 3 settembre, il professor MaurizioViroli, invitava il Pd a trovare il proprio Obama, per battere alle urne, quando verrà il momento,Berlusconi e la sua coalizione. Ora s’è definitivamente chiarito che l’Obama del Pd non può essere Fini, nonostante l’attesa quasi messianica del discorso di Mirabello: Fini non è uomo di sinistra e non si propone come tale.

Dunque, la ricerca del Pd, se mai dovesse cominciare, dovrebbe svolgersi senza equivoci e senza tentazioni nell’area della sinistra. Già, ma orientarsi lì dentro, un guazzabuglio dove i confini sono labili e gli Obama non si sprecano – né lì né altrove, a dire la verità -, mica è facile. Muoversi potrebbe essere più semplice usando come bussola un libro che John Podesta, capo dello staff della Casa Bianca di Bill Clinton – stava a Clinton come Letta sta a Berlusconi, tanto per intenderci – e artefice della transizione di Barack Obama, ha da poco pubblicato in Italia. Podesta è venuto a presentarlo su varie piazze delle Feste del Pd, a Torino – dove ha incontrato Bersani – e a Genova la scorsa settimana, finendo poi sulla piazza della Festa dell’Api a Labro.

Con una sintesi tutta anglossassone, l’autore racconta in meno di 200 pagine agili e piane da leggere ‘L’America del progresso’, un secolo di sinistra americana da Roosevelt a Obama. Lo fa in modo chiaro, perché questo figlio di emigrati – padre italiano, madre greca, anche lui interprete, in ottavo rispetto a Obama, del ‘sogno americano’ (in due generazioni dalla nave della speranza alla stanza del potere alla Casa Bianca) – ha le idee chiare. Essere progressisti, cioè, diremmo noi, essere di sinistra, significa quattro cose: primo, “i progressisti si schierano con il popolo, non con i privilegi”, con la gente, non con la casta, meritocrazia e pari opportunità; secondo, “i progressisti credono nell’interesse generale e in un governo che dà una mano alla gente”, praticano la solidarietà; terzo, “per i progressisti tutti sono uguali, agli occhi di Dio e della Legge”, sono per lagiustizia; quarto, “i progressisti sono a favore dei diritti umani universali e della cooperazione in materia di sicurezza globale”, difendono i diritti dell’uomo e il diritto allo sviluppo e alla sicurezza. Insomma, essere progressisti, o di sinistra, è semplice, più dell’uovo di Colombo, ed è anche facile dirlo: quelle idee hanno una forza tale che, se espresse, vanno avanti (quasi) da sole: la via che porta al successo – diceva, mi pare di ricordare, un progressista ante-litteram, illuminista e massone,Benjamin Franklyn – è larga e piana, come quella che porta al mercato, ma è lunga e richiede forza e costanza. Per arrivare fino in fondo, basta non farsi tentare dalle scorciatoie, cioè non impegolarsi a priori in patteggiamenti di alleanze e non ingarbugliarsi in intrighi politichesi o elettorali. Certo, il professor Viroli ha ragione: se c’è un Obama, è meglio. Ma anche senza ‘Yes, we can’.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione