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Il pantano italico, da Giolitti al signor B.

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Il lettore Antonio mi tira due volte le orecchie. La prima, per la citazione di Montanelli sulle origini del ritardo culturale italiano, che il grande giornalista addebitava alla Chiesa cattolica: “Niente di più sbagliato: – obietta Antonio – le culture, o le religioni, che hanno voluto lasciare la libera interpretazione delle Scritture hanno finito per sfornare le interpretazioni più varie e assurde. Vi dice niente il bailamme di sette e santoni televisivi negli Stati Uniti?” Sottoscrivo, la Chiesa ha tanti difetti ma certi eccessi fondamentalisti (per esempio il creazionismo) che abbiamo visto in questi anni in America ha saputo tenerli a freno.

La seconda tirata d’orecchi riguarda invece l’espressione che ho usato a proposito del sistema di potere che ci (s)governa. Scrive Antonio: “Pantani nauseabondi ce ne sono stati prima del fascismo, durante il fascismo, durante la Prima Repubblica, dopo e ce ne saranno ancora”. Mi pare un’ovvietà, insieme disfattistica e autoconsolatoria. Il pantano in cui sguazziamo in questo momento storico ha un marchio di fabbrica, un copyright, un nome e un cognome, e con quello bisogna fare i conti. Dovremmo forse rinunciare a denunciarlo o bonificarlo, perché tanto ne verrebbe subito un altro magari peggiore? Cento anni fa, sulla Voce, Giuseppe Prezzolini tuonava: “La democrazia presente non contenta più gli animi degli onesti. Essa non rappresenta ormai che un abbassamento d’ogni limite, per far credere d’aver innalzato gli individui: mentre non si è fatto che l’interesse dei più avidi e prepotenti…Nelle elezioni trionfa il danaro, il favore, l’imbroglio; ma non accettare tali mezzi è considerato come ingenuità imperdonabile…”.

Sembra scritto ieri, non vi pare? Eppure, come ci ricorda Emilio Gentile nel suo bel libro Né Stato né Nazione. Italiani senza meta (Laterza), a quel tempo (estate 1910) c’era al governo un uomo “austero e sobrio” come Giovanni Giolitti, “un liberale autentico con tendenze democratiche…favorevole all’ascesa delle classi più povere”. Era iniziata la prima rivoluzione industriale, la lira era solida, il bilancio dello stato prossimo al pareggio, la cultura italiana rigogliosa, uomini come D’Annunzio, Marconi e Croce erano celebri nel mondo e collezionavamo premi Nobel in ogni campo. Poi si sa com’è andata a finire, ma vogliamo fare un paragone col pantano del 2010?

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