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Chi sta pagando la crisi

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Se avete meno di trent’anni e vi siete letti la cronaca che Salvatore Cannavò ha fatto sul giornale di oggi dello sciopero generale della Cgil, avrete notato una cosa: non uno dei temi toccati dal sindacato di Guglielmo Epifani vi riguarda.

Tassazione delle rendite finanziarie, lo scontro sull’arbitrato (inutile, perché il Parlamento ha già recepito le richieste del Quirinale), l’idea di un’imposta patrimoniale. Certo, un’idea c’è: alzare l’ultima aliquota dell’Irpef dal 43 al 45 e usare il ricavato per favorire l’occupazione giovanile, ma è roba da libro dei sogni, visto che a Berlusconi si può chiedere tutto tranne di aumentare un’imposta che da 16 anni giura di voler abbassare.

Resta il fatto che anche quella di ieri era una manifestazione che raccontava un mondo del lavoro che nella realtà è molto diverso da quello che i sindacalisti sanno raccontare e contestare. La storia simbolo era quelal di Pomigliano, che con la crisi c’entra poco e niente, con la manovra ancora meno, se non nel rischio che – ancora una volta – venga chiesto a tutti noi contribuenti di continuare a sussidiare posti di lavoro creati nel Sud con l’unica motivazione, forse nobile ma insostenibile, di assistere territori in difficoltà.

Esagero? Guardate queste elaborazioni che ha fatto la voce.info sui dati mensili dell’Istat per quanto riguarda la disoccupazione:

E anche questo che è ancora più chiaro. L’emergenza disoccupazione, dovrebbe essere evidente da questi numeri, è quella dei più giovani che spesso sono anche quelli con un titolo di studio più alto rispetto agli inamovibili statali e i metalmeccanici che vengono difesi dall’attivissima Fiom. Ma di loro si preoccupano in pochi.

Vedremo chi per primo, se il centro destra o in centro sinistra, capirà che lì si annida un enorme bacino elettorale che qualunque forza politica dovrebbe aver incentivo a coltivare.

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