La Covip è l’organo di vigilanza sui fondi pensione. Invece la settimana scorsa il suo presidente Antonio Finocchiaro ha presentato la relazione per il 2009 affermando che “la previdenza complementare non è più una scelta, ma una necessità”, ha sostenuto che dev’essere estesa ai dipendenti pubblici e ha criticato “profili di flessibilità eccessivi” nelle scelte dei lavoratori.

Tanto per cominciare, tutto ciò non è vero. È falso che la previdenza integrativa sia una necessità. Certo che è opportuno risparmiare per la vecchiaia, ma tutti i prodotti della previdenza integrativa sono da evitare, già solo per i rischi cui espongono. Per i dipendenti pubblici poi è una fortuna che siano rimasti indenni da fondi pensione, pip ecc. e ci mancherebbe altro che i lavoratori non avessero diritto a scegliere cosa fare dei propri soldi e del proprio Tfr.

Ma il punto è un altro e purtroppo siamo alle solite: le persone cambiano, ma le storture restano. È come se un veterinario comunale  non si limitasse a controllare l’igiene delle carni, ma andasse a dire: “Mangiate più carne!”, “Non andate nei ristoranti vegetariani!” ecc. Le proteste sarebbero immediate. Non è stato assunto per promuoverne il consumo della carne a scapito di altri alimenti.

Così un organo di vigilanza come la Covip deve vigilare e non fare pubblicità, per giunta inopportuna, ai prodotti del settore cui è preposto. Dal precedente presidente Luigi Scimìa, arrivatovi da un fondo pensione della BNL, ci si aspettava un comportamento da direttore vendite della previdenza integrativa; e così è stato. Da uno proveniente dalla Banca d’Italia alcuni si attendevano comportamenti diversi. Poveri illusi: dimenticavano che questo non è un paese normale.

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