Le migrazioni fanno la storia e la storia è fatta di migrazioni. La mobilità è costitutiva dell’umanità perché la vita non è altro che una serie di cammini inventati nel tempo. La storia si ingegna a raccontare quanto ogni giorno trova scritto sulla sabbia prima che sia cancellato dal vento. Si tratta dei sogni che, impunemente traditi, rubati o confiscati dal sistema di polizia globale, sopravvivono e si tramandano alle generazioni future. I migranti, spesso senza avvedersene, sono delle migrazioni i drammatici artigiani e profeti. Per questo, senza destare sommovimenti, proteste e rimostranze degne di questo nome sono ormai da anni oggetto di deportazioni. Basta andare sul net e scrivere questa sinistra parola abbinata all’Algeria dei militari, del gas e del petrolio per trovare in fretta una serie impressionante di notizie sul tema.

Sono sinonimi del verbo deportare, verbo transitivo (che si dice di un verbo che non esaurisce l’azione in sé ma la estende su un “oggetto”) esiliare, bandire, confinare, relegare, deporre, proscrivere, trasferire a forza. Tutto è detto perché il verbo ‘transita’ sull’altro, appunto, come ‘merce di scambio’. Solo perché l’altro è riducibile a ‘oggetto’ che la storia ha reso le deportazioni tristemente famose e attuali. Esse sono state applicate su vasta scala in Europa durante la Seconda guerra mondiale e poi applicate dappertutto.

“Le deportazioni degli africani dall’Algeria al Niger continuano in condizioni caotiche e persino mortali”. E’ scritto sul sito di ‘Meltingpot’ del 4 gennaio scorso, Algeria, l’Onu accusa: migranti deportati e abbandonati nel deserto al confine col Niger del 21 maggio 2018. Lo stesso sito ricorda che almeno 10mila migranti sono stati abbandonati a partire da settembre. Continuano su larga scala le deportazioni dall’Algeria mentre le operazioni di rimpatrio verso i Paesi di origine sono state notevolmente rallentate, segnala il sito italy24.press, del 3 gennaio di quest’anno. Algeri deporta nel deserto i migranti e a denunciarlo è l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim). Secondo l’organizzazione alcuni sono stati abbandonati dai trafficanti, altri sono stati deportati dalle autorità algerine. Riferito sito della rivista missionaria, Africa’. Questo verbo deriva dal latino deportare, infinito presente attivo di deporto, “portare via”.

Nell’epoca dello schiavismo, nel Sahel e altrove in Africa, si è cominciato col ‘portar via’ le persone a milioni dal continente. Si è continuato col ‘portar via’ la sovranità dei popoli con colonialismo e poi col neocolonialismo che è perpetuato sotto altre vesti dalle attuali élite al potere. In questi decenni le geopolitiche della miseria hanno cospirato per ‘portar via’ il futuro dei giovani del Continente.

“Sono migliaia i fantasmi nel deserto ai confini con la Libia. Migranti e profughi africani e asiatici prelevati dalle carceri libiche ed espulsi nel Sahara. La loro sorte è ignota. La denuncia viene dall’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu che a novembre ha pubblicato il rapporto ‘Unsafe and Undignified’, insicuri e privati della dignità. Nel 2019 e nel 2020 ha avuto notizie di 7.500 espulsioni arbitrarie di migranti e richiedenti asilo in Sudan, Niger e Ciad. Numero sottostimato, sostiene lo studio, per l’impossibilità di ottenere dati certi. Solo a dicembre o gennaio 2020 ci sono state oltre mille espulsioni nel deserto dalla Libia in Niger. I migranti vengono prelevati da centri e portati nei centri di raccolta dalle quali le unità di pattuglia in frontiera li deportano”. E’ il giornale Avvenire che pubblicava questa notizia tempi addietro.

Tutta deportazione, dunque, nasce dal ‘portar via’ ciò che costituisce quanto di più prezioso possieda una persona: il desiderio di un mondo differente. Un mondo che privilegi l’importazione di beni e capitali, l’esportazione di materie prime e di giovani come ‘mercanzia’ da trafficare, non può che utilizzare la deportazione come strategia di governo. Ed è proprio questo sistema che i migranti rivelano, denunciano e, a modo loro, sconfiggono.

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