Si contano i morti tra Siria e Turchia che ormai sono oltre 41mila, ma si estraggono ancora persone vive dalle macerie provocate dal terremoto di ormai una settimana fa. Diversi i salvataggi avvenuti nelle scorse ore. Un 12enne di nome Kaan è stato messo in salvo dopo essere rimasto per 182 ore sepolto sotto le macerie di un edificio crollato per il terremoto ad Antiochia. Una bambina di 6 anni di nome Miray è stata estratta viva dopo 178 ore ad Adiyaman, tra le zone più colpite dal terremoto nel sud est della Turchia. In salvo anche la 70enne Nuray Gürbüz dopo essere rimasta 178 ore sepolta sotto le macerie ad Antiochia.

Un’altra donna di 40 anni è stata estratta viva a Islahiye, nella provincia turca di Gaziantep (dove è stato individuato l’epicentro della prima devastante scossa, ndr), dopo 170 ore sotto i detriti e la polvere di un edificio di cinque piani collassato a seguito del sisma ha colpito il sud della Turchia e il nord della Siria. La donna, Sibel Kaya, è stata soccorsa da una squadra mista nella quale c’erano anche membri della squadra di salvataggio delle miniere di carbone della Turchia. Un 35enne è stato estratto vivo dai soccorritori dopo avere passato 177 ore sotto le macerie di uno dei palazzi crollati per il terremoto ad Adiyaman, una delle città più colpite dal sisma in Turchia e Siria. Precedentemente anche una donna di 60 anni, Erengul Onder, era stata estratta dalle macerie nella città di Besni, nella provincia di Adiyaman, da squadre della città occidentale di Manisa.

“Abbiamo ricevuto la notizia di un miracolo da Besni che ci ha aiutato a placare un po’ il fuoco che brucia nei nostri cuori”, ha scritto su Twitter il sindaco di Manisa, Cengiz Ergun. Secondo gli esperti a questo punto le probabilità di trovare ancora persone vive sotto le macerie sono “ora molto, molto ristrette”. Nei giorni scorsi era stata estratta viva una donna di 70 anni a Kahramanmaras. E ieri era stato trovato in vita bebè di 7 mesi a Antakya nella provincia di Hatay.

Il presidente Erdogan ha dato l’impressione di voler incolpare il fato, perché “queste catastrofi sono sempre accadute e fanno parte del piano del destino”, ma dall’altro lato ha già “individuato” i responsabili di quelle migliaia di vittime ed edifici rasi al suolo. Le autorità turche hanno infatti arrestato più di 100 costruttori edili nelle 10 province colpite dal sisma con l’accusa di avere violato le normative edilizie del Paese. Il ministero della Giustizia di Ankara ha autorizzato i procuratori ad avviare cause contro tutti i “costruttori e i responsabili” dei crolli perché non hanno rispettato le norme introdotte dopo il sisma del 1999. Il vicepresidente Fuat Oktay ha affermato che finora sono stati identificati 131 sospetti ed emessi 113 ordini di detenzione. Erdogan, che nel mezzo della tragedia si sta preparando alle elezioni nazionali che potrebbero essere le più difficili dei suoi due decenni al potere, ha promesso di iniziare la ricostruzione entro poche settimane. I leader dell’opposizione non ci stanno e gli lanciano contro un’accusa vecchia ma adesso più che mai attuale: non ha fatto rispettare i regolamenti edilizi. Proprio in un Paese che si trova su diverse linee di faglia sismiche.

In Siria nel frattempo si combatte una guerra diversa, e la situazione è considerata più disperata: il sisma ha colpito il nord-ovest del Paese controllato dai ribelli, dove il 90% della popolazione, circa 4 milioni di persone, dipendeva già dagli aiuti. Ora proprio quegli aiuti scarseggiano, e il primo a caricare sulle proprie spalle il peso della responsabilità è stato oggi il massimo funzionario per le operazioni umanitarie dell’Onu nel Paese Martin Griffiths: “Finora abbiamo deluso le persone nel nord-ovest della Siria. Si sentono giustamente abbandonate. Alla ricerca di aiuti internazionali che non sono arrivati”, ha dichiarato. “Il mio dovere e il nostro obbligo è correggere questo errore il più velocemente possibile”. Un portavoce delle Nazioni Unite ha fatto sapere che gli aiuti ai terremotati provenienti dalle regioni controllate dal governo siriano e diretti verso il territorio in mano all’opposizione sono stati bloccati dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Una fonte dell’Hts a Idlib ha affermato che nessun carico proveniente dalle aree controllate dal governo sarà consentito.

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