La tendenza televisiva per l’autunno 2016 sembra essere una riscoperta di un certo atteggiamento naif nei confronti dei prodotti del piccolo schermo. E in particolare, soprattutto quando si parla di X Factor. Qualche settimana fa, ad esempio, alcune anime candide hanno scoperto il montaggio e la sua influenza sui format dei giorni nostri. Scoperta grazie alla polemica innescata da Danilo D’Ambrosio (beninteso: nel caso specifico aveva ragione lui) e che poi si è propagata sui social network come una chiazza di petrolio nel Golfo del Messico. Molti non sapevano, o hanno fatto finta di non sapere, che il montaggio è oggi l’arma segreta dei format di successo, da cui dipende la riuscita o meno di un programma. Ma va bene così, l’importante alla fine è capirsi.

Ora è spuntata un’altra polemica di non poco conto, sempre attorno a X Factor, che riguarda il gran rifiuto dei Jarvis, giovane band milanese che ha detto “NIET” al talent di Sky dopo aver superato anche l’ultima fase delle Home Visit. Il motivo della marcia indietro clamorosa (che ha costretto Alvaro Soler a ripiegare sui Soul System) starebbe nel contratto che Sony fa firmare a tutti e dodici i concorrenti dei live, un contratto ovviamente di esclusiva con la major discografica, a cui i concorrenti sono legati dal momento dell’approdo sul palco dell’X Factor Arena in poi.

Ebbene, a quanto pare i Jarvis (anzi il loro manager, perché i ragazzi sono legati a un vincolo di riservatezza) hanno fatto sapere che del contratto non sapevano nulla, che lo hanno scoperto solo dopo essere stati selezionati da Soler, che non era previsto. Sono cascati dal pero, insomma, ma a ben guardare forse la questione non è così semplice come sembra. Il contratto che i Jarvis hanno deciso legittimamente di non firmare è lo stesso che hanno firmato oltre cento concorrenti di X Factor Italia e qualche migliaio in giro per il mondo nelle altre versioni nazionali del talent show di Simon Cowell. Dagli One Direction a Marco Mengoni, tanto per capirci. Nulla di improvvisato o di tirato fuor dal cilindro senza preavviso, dunque. Anche perché i Jarvis, così come tutti gli altri concorrenti che hanno partecipato alle prime Auditions, avevano firmato un impegno a sottoscrivere l’eventuale contratto successivo con Sony.

A completare il quadro della vicenda, poi, arrivano altri dettagli importanti. I Jarvis, già abbastanza famosi, guarda caso stanno pubblicando la riedizione del proprio disco proprio mentre infuria la bufera su questo fantomatico contratto capestro con cui Sony avrebbe tentato di fregarli. Prima nulla, il silenzio. Forse strategico, forse parte di una studiata strategia di marketing. Chissà. Ma torniamo per un attimo alle regole del gioco e alla firma del contratto con Sony che tutti i 12 concorrenti di ogni edizione devono firmare. Sony, che è una major e non una onlus, fa ovviamente il suo mestiere di esclusivista di X Factor e mette sotto contratto tutti, anche quelli che non vincono. Ovviamente poi si vedrà se è il caso di produrre un disco o no, e dipenderà molto anche da come andranno i live, dal riscontro di pubblico di questo o quel concorrente, dalle potenzialità di mercato. Eppure questo “privilegio” di Sony sembra anche una grande opportunità per i ragazzi in gara. Volete un paio di esempi? Eccoveli serviti: Giusy Ferreri e Noemi non hanno vinto l’edizione a cui hanno partecipato eppure, proprio grazie a quel contestatissimo contratto, hanno avuto la possibilità di fare un percorso discografico e di fare successo, di diventare interpreti importanti nel panorama musicale italiano. Sony ci guadagna? Certamente, ma effettivamente è andata più che bene anche a loro.

E poi la firma del contratto con la major è una conditio sine qua non, un requisito essenziale per partecipare al programma. Cosa speravano e pensavano i Jarvis? Di poter partecipare a un talent show conservando l’anima indipendente? Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: X Factor ha delle regole, queste regole vanno seguite. In caso contrario, lecitamente, si toglie il disturbo e si continua sulla propria strada. Legittimamente, ripetiamo, perché ognuno tenta la fortuna nel difficile mercato musicale come meglio crede. Senza vittimismo, però, perché nella vicenda in questione non si ravvisano pistole alla tempia, costrizioni, minacce o obblighi bizzarri di alcun genere, se non quelli previsti dal regolamento e di cui tutti i partecipanti alle audizioni sono a conoscenza sin dall’inizio.

Chi sceglie la via indipendente non ha nulla in meno rispetto a chi si affida alle major. È una scelta coraggiosa, anzi. Ma non è e non può essere la strada di chi vuole partecipare a un talent show nazionalpopolare come X Factor, la cui mission principale (a volte riuscita, altre volte meno) è quella di scovare una potenziale popstar, qualcuno che venda dischi in un periodo in cui i dischi non si vendono, qualcuno che si affidi alle cure (ovviamente interessate) di una major discografica. Chi non ci sta (e può tranquillamente non starci), può tranquillamente accomodarsi all’uscita. Risparmiandoci, però, questo cotè naif intriso di vittimismo che, come la questione del montaggio, può far presa sui tanti che non sanno come funzionano le cose nel mondo della musica e soprattutto nel mondo della musica in televisione. Perché chi bazzica certi ambienti, chi conosce le regole di X Factor e i regolamenti che tutti visionano e firmano sin dal primo momento, può avere il dubbio che si tratti di una paraculissima operazione di marketing. Lecita anche questa, per carità, ma forse non proprio corretta e soprattutto innocente come si vuole far credere. Che poi è anche l’opinione di Andrea Rosi, presidente di Sony Italia, che interpellato dall’Ansa sulla vicenda è stato piuttosto tranchant: “Tutto questo è paradossale. Da sempre, a tutela della professionalità dello show e dei ragazzi che partecipano, ai dodici concorrenti che approdano al live, non solo al vincitore, viene chiesto di firmare un contratto con noi. Regole precise e note a tutti, e uguali in tutti i Paesi in cui viene trasmesso X Factor. In dieci anni non si è mai lamentato nessuno. Se qualcuno non vuole firmare è libero di andarsene e i Jarvis semplicemente non hanno voluto sottoscrivere il contratto. Non imprigioniamo nessuno: chi vuole può rinunciare ma senza strumentalizzazioni”. Appunto. Next.

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