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Lucia di Lammermoor, lo stupro è servito in scena. E in centinaia chiedono il rimborso del biglietto‏

Atti sessuali e violenze di vario tipo: sono questi gli ingredienti proposti dalla regista Katie Mitchell al pubblico del Covent Garden Opera House di Londra. Il teatro ha avvertito il pubblico tramite posta elettronica del rischio di poter essere infastiditi dalle parti più forti dello spettacolo, rendendosi disponibile a restituire i soldi

di Fabrizio Basciano

Le contemporanee scelte registiche in ambito operistico sono spesso al centro di polemiche: capita sovente che fuori dai teatri, durante l’intervallo o alla fine di una prima, la gente si soffermi a chiacchierare soprattutto delle scelte dei registi.

Quello che però Katie Mitchell, regista dell’ultima produzione della Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti presso il Covent Garden Opera House di Londra, è stata capace di scatenare, va decisamente oltre le solite chiacchiere di corridoio: atti sessuali di vario genere, compreso anche uno stupro, e violenze di diverso tipo hanno costretto il teatro ad indicare al proprio pubblico, tramite posta elettronica, il rischio di poter essere infastidito da simili scene, rendendosi dunque disponibile a rimborsare il biglietto a quanti ne avessero fatto richiesta.

Il numero delle richieste di rimborso sembrerebbe già salito a 100, dando corso alla restituzione finora di ben 40 biglietti. A pesare sulle scelte della regia della Mitchell, che già in passato aveva fatto parlare di sé, sarebbe la questione della più totale arbitrarietà: il libretto dell’opera, scritto da Salvadore Cammarano e tratto dal romanzo di Walter Scott The Bride of Lammermoor, non giustifica infatti in alcun modo, in nessuno dei suoi passaggi, la messinscena di uno stupro, che di fatto rientra nel campo della più totale improvvisazione su tema.

Il pubblico dell’opera, da sempre molto esigente ma anche molto preparato e colto, non sembra apprezzare scelte del tutto arbitrarie nonché troppo sbilanciate rispetto ai libretti originali. Qualcosa dunque che ricorda, ma probabilmente supera di gran lunga, il Macbeth di Verdi portato in scena prima a Novara e poi a Pisa da Dario Argento, nel corso del quale completamente nude e a gambe aperte erano le ragazze componenti il coro delle streghe, dando questo genere di spettacolo anche dinanzi ai ragazzi delle scuole. Una scelta che provocò i fischi del pubblico di Novara, ma dinanzi alla qual cosa il regista del brivido intese minimizzare con le parole: “Erano quattro gatti. Probabilmente dei moralisti scandalizzati dalle scene di nudo. E l’orchestra ridacchiava nel sentire quei dissensi sparuti”.

Vero è che le regie d’opera richiedono una preparazione che spesso, con l’intento di sfruttare nomi altisonanti per richiamare maggior pubblico, non trova adeguati interlocutori. Adesso, dopo l’inconveniente incorso nella preparazione della nuova produzione della Lucia di Lammermoor che sarà di scena al Covent Garden Opera House di Londra dal prossimo 7 aprile, è salito sugli spalti dell’accusa anche Norman Lebrecht, blasonatissimo critico d’opera che ha voluto inserire l’operazione di comunicazione preventiva del teatro verso il proprio pubblico sotto l’etichetta della censura. A tali accuse il teatro, con la voce del suo direttore, Holten, ha però replicato spiegando che “non è un caso di censura, ma il contrario. Quello che ho imparato dal Guglielmo Tell – altra produzione, questa volta di Adriano Michieletto, che aveva messo in scena uno stupro – è che avremmo dovuto mettere in guardia il pubblico, in modo che possa scegliere autonomamente”.

(Foto di archivio)

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