La mobilitazione è totale. L’attacco al cuore di Parigi è una doccia fredda che sta sconvolgendo l’agenda diplomatica e della sicurezza. L’intero sistema di intelligence ed investigativo è stato mobilitato anche nel nostro Paese, indicato sui canali dei social network vicini all’islamismo radicale come uno dei prossimi obiettivi. Con il giubileo alle porte, ovvero l’evento simbolo del mondo cattolico, nemico giurato dello stato islamico. Il pericolo, però, sembra essere immediato e non solo legato all’appuntamento simbolo per Roma. Le immagini della notte da incubo nella capitale francese hanno come prima conseguenza la sensazione di un rischio immediato, nascosto dietro l’angolo delle nostre strade.

Ed è solo di due giorni fa l’operazione del Ros dei carabinieri che ha portato alla luce una cellula jihadista attiva in Italia, pronta ad organizzare attentati nel nord Europa. Miliziani invisibili, discreti, addestrati e, soprattutto, indottrinati. Con una novità rispetto a quanto hanno sempre raccontato le autorità di sicurezza italiane ed europee: non si tratta di lone wolf, lupi solitari, per usare l’espressione citata dal capo del Dis, l’ambasciatore Massolo, pochi giorni fa, ma di un network organizzato e difficilmente penetrabile. L’organizzazione colpita dalle indagini coordinate dalla Dda di Roma si basava su un rete complessa: “Cellule di 5 persone, ali di 5 cellule, corpi di 4 ali, famiglie di 3 corpi, clan di 3 famiglie e tribù di 3 clan”. Un’evoluzione del jihadismo che oggi, dopo Parigi, sta preoccupando l’intera Europa.

C’è un elemento in più. Daesh – l’autoproclamato stato islamico – a differenza di al-Qaeda ha una sua territorialità. Oltre all’Iraq e alla Siria è presente in Libia, Nigeria e Mali. Ma potrebbe
appoggiarsi anche ad una estensione all’interno della diaspora islamica in Europa, dove – tra ghettizzazione e razzismo – sta crescendo la radicalizzazione. Con un mix micidiale: i possibili lupi
solitari, ragazzi nati e cresciuti nelle nostre periferie, mai realmente integrati e accettati, cercano nell’islam radicale un’affermazione prima di tutto individuale vengono accolti, allevati e
preparati da reti jihadiste. E sembrerebbe essere questo il vero pericolo leggendo le carte delle inchieste più recenti svolte in Italia.

Il giubileo è senza dubbio l’obiettivo ghiotto per lo stato islamico, in grado di dare risonanza anche ad azioni minime. La risposta che il governo aveva annunciato solo pochi giorni prima degli attentati a Parigi era quasi di routine: l’assunzione straordinaria di 2.500 unità delle Forze di Polizia (1.050 Polizia di Stato, 1.050 Carabinieri e 400 Guardia di Finanza), l’assegnazione, già da questo mese, di oltre 1.100 unità delle Forze di Polizia agli uffici operanti nell’area di Roma e altre ulteriori aiuti alle città con luoghi di culto simbolo, inseriti nei percorsi dell’anno giubilare.

L’appuntamento è ormai imminente, con l’apertura della porta santa l’8 dicembre, e durerà un lunghissimo anno. Tutto è però cambiato la scorsa notte. Poche ore dopo la carneficina nel centro di Parigi la mobilitazione partita dal capo della Polizia è stata immediata e capillare. Gli investigatori specializzati nell’analisi del mondo jihadista già sono al lavoro, recuperando contatti e fonti, monitorando ogni minimo movimento nel network considerato vicino ad Isis. Il vantaggio che sembrava aver guadagnato l’Italia con l’ultima inchiesta del Ros – costata cinque anni di indagini sofisticate e difficili – potrebbe non bastare. Il timore che Roma possa diventare un simbolo appetibile è già all’ordine del giorno. E non basterà schierare qualche pattuglia in più sulle strade.

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