“Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio!”. La terza e ultima giornata di Papa Francesco in Terra Santa è iniziata alla Spianata delle Moschee con l’appello di pace rivolto da Bergoglio agli “amici e fratelli musulmani”. “Impariamo – ha detto il Papa al gran muftì di Gerusalemme sulla spianata delle moschee – a comprendere il dolore dell’altro! Lavoriamo insieme per la giustizia e per la pace!”. Dopo l’incontro con i musulmani, Papa Francesco ha pregato al Muro del pianto, luogo particolarmente sacro per il mondo ebraico e, come avevano fatto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha deposto in una fenditura tra le pietre un foglietto con la preghiera del Padre nostro.

Immancabile la condanna della Shoah, che Francesco aveva già fatto al suo arrivo a Tel Aviv ricordando i sei milioni di vittime ebree, con la tappa al memoriale dello Yad Vashem di Gerusalemme. Qui Bergoglio ha rivolto una struggente preghiera a Dio davanti “alla tragedia incommensurabile dell’Olocausto”, ribadendo con forza: “Mai più questa vergogna!“. “Di quale orrore – ha detto il Papa – sei stato capace uomo? Questo abisso non può essere solo opera tua, delle tue mani, del tuo cuore. Chi ti ha corrotto? Chi ti ha sfigurato? Chi ti ha contagiato la presunzione di impadronirti del bene e del male? Chi ti ha convinto che eri dio? Non solo hai torturato e ucciso i tuoi fratelli, ma li hai offerti in sacrificio a te stesso, perché ti sei eretto a dio. Ci è venuto addosso – ha aggiunto Francesco – un male quale mai era avvenuto sotto la volta del cielo. Ora, Signore, ascolta la nostra preghiera, ascolta la nostra supplica, salvaci per la tua misericordia. Salvaci da questa mostruosità. Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita. Eccoci, Signore, con la vergogna di ciò che l’uomo, creato a tua immagine e somiglianza, è stato capace di fare”.

Incontrando i due gran rabbini di Israele Papa Francesco ha sottolineato che cristiani ed ebrei non sono chiamati soltanto a “stabilire, su di un piano umano, relazioni di reciproco rispetto”. Per Bergoglio, essi sono chiamati a interrogarsi “sul significato spirituale del legame” che li unisce, “nonostante tutte le difficoltà di rapporti purtroppo vissute nella storia”. Il Papa, che nel suo viaggio in Terra Santa è stato accompagnato dal suo amico rabbino argentino Abraham Skorka, ha ribadito che “da parte cattolica vi è certamente l’intenzione di considerare appieno il senso delle radici ebraiche della propria fede. Confido – ha affermato Bergoglio – che anche da parte ebraica si mantenga, e se possibile si accresca, l’interesse per la conoscenza del cristianesimo, anche in questa terra benedetta in cui esso riconosce le proprie origini e specialmente tra le giovani generazioni”. E in un altro passaggio Francesco ha sottolineato che ebrei e cristiani soltanto insieme potranno “dare un grande contributo per la causa della pace” e “contrastare con fermezza ogni forma di antisemitismo e le diverse altre forme di discriminazione”.

Bergoglio ha, poi, incontrato il presidente Shimon Peres e il premier Benjamin Netanyahu. Sia a Betlemme che a Tel Aviv Francesco ha ribadito il suo sostegno alla “soluzione dei due Stati” per risolvere il conflitto tra israeliani e palestinesi e ha invitato i presidenti Peres e Abu Mazen in Vaticano per pregare insieme per la pace. L’incontro dovrebbe svolgersi il prossimo 6 giugno. “Va respinto con fermezza – ha affermato il Papa rivolgendosi a Peres – tutto ciò che si oppone al perseguimento della pace e di una rispettosa convivenza tra ebrei, cristiani e musulmani: il ricorso alla violenza e al terrorismo, qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l’antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani”.

A Peres il Papa ha chiesto di salvaguardare i luoghi santi e ha ricordato le diverse comunità cristiane che operano nello stato d’Israele. “Esse – ha sottolineato Bergoglio – sono parte integrante della società e partecipano a pieno titolo delle sue vicende civili, politiche e culturali. I fedeli cristiani desiderano portare, a partire dalla propria identità, il loro contributo per il bene comune e per la costruzione della pace, come cittadini a pieno diritto che, rigettando ogni estremismo, si impegnano a essere artefici di riconciliazione e di concordia. La loro presenza e il rispetto dei loro diritti, come del resto dei diritti di ogni altra denominazione religiosa e di ogni minoranza, sono garanzia di un sano pluralismo e prova della vitalità dei valori democratici, del loro reale radicamento nella prassi e nella concretezza della vita dello Stato”.

Ultima tappa della visita del Papa l’incontro con i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi nella chiesa del Getsemani e la Messa con gli ordinari di Terra Santa. Alle 19 italiane dall’aeroporto di Tel Aviv decollerà l’aereo che, dopo quattro ore, riporterà Francesco a Roma. Sul volo di ritorno, proprio come aveva fatto ritornando da Rio de Janeiro in Vaticano dopo il suo primo viaggio internazionale in Brasile, il Papa terrà una conferenza stampa ai giornalisti accreditati. E anche questa volta Bergoglio non ha voluto mettere nessun vincolo ai temi delle domande che gli saranno rivolte.

Twitter: @FrancescoGrana

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