Tutti i governi, a qualunque colore appartengano, che si avvicendano nel nostro Paese, pressati dalle gravi difficoltà economiche, che si traducono in tasse per i cittadini, affermano di voler combattere con fermezza e con forza, in primo luogo, l’evasione fiscale, andando a caccia di coloro che sono sconosciuti, in parte o totalmente, al Fisco.

I cittadini onesti – la maggior parte del Paese – che pure condividono tali intenti, tuttavia, si sentono presi in giro da queste reiterate affermazioni. Difatti, non sembra loro di vedere mai i risultati concreti di tale guerra sferrata contro l’evasore. Sembra che si combatta una lotta che in pratica rimane sulla carta piuttosto che raggiungere una dalle conseguenze concrete, da cui emerga una più equa distribuzione dei sacrifici e il pagamento delle tasse da parte di tutti, secondo la propria ricchezza.

Spesso non ci si rende conto di che cosa significhi in termini concreti l’Evasione fiscale. Vorremmo concentrarci, per un attimo, in particolare su un dato che emerge dalla Tabella 1, relativo al peso dell’Economia sommersa sulla Ricchezza del paese. In Italia, si stima che l’Economia sommersa pesi poco meno del 30% sul Prodotto interno lordo, ancor più che in Spagna (di poco al di sotto del 25%) e circa il doppio di Germania (16,5%), di Francia (15,6%), di Gran Bretagna (13,8%). Si può essere competitivi con questi Paesi e con tutti gli altri, quando su tutti i contribuenti italiani (comprese le Aziende) che pagano il Fisco, pesa un carico di tasse, che non compete loro, oltre a quello che equamente e giustamente versano? I danni provocati dai disonesti, dai cosiddetti “furbi”, sono enormi e si riversano non solo sul singolo cittadino onesto, che si sente tartassato, ma – ed è ancor più grave – sull’intera collettività, su tutto il sistema Paese, che non può reggere un’Evasione così sfacciata e pesante.Infatti, dal raffronto con gli altri Paesi, sembrerebbe che un’Evasione che incida sul Pil tra il 4,8% (Gran Bretagna) e il 6,5% (Germania e Francia) sia “fisiologica”, mentre un’Evasione superiore non sarebbe più “assorbibile” dall’intera comunità di cittadini, che non potrebbe sobbarcarsi un onere di tal fatta.

Facciamo notare che quell’Evasione fiscale del 12,4% sul Pil, che genera un’Economia sommersa pari al 28,9% del Pil stesso, in termini assoluti (418 milioni di euro) pressoché identica a quella della Germania, che, però, ha un Prodotto interno lordo di oltre 1,5 volte quello del nostro Paese, non solo è insostenibile da parte dei cittadini onesti che devono caricarsela, ma significa apportare tante storture, ingiustizie e conseguenze negative al “Sistema Paese”.

Economia sommersa significa lavoro nero, significa evasione di norme di sicurezza, significa, quindi, alimentare la spesa sanitaria, quella sociale, significa meno entrate all’Inps, significa allungare i tempi di pensionamento, significa aumentare lo sfruttamento dei lavoratori, mettere in circolo una minore liquidità e, quindi, deprimere i consumi interni, significa aumentare il numero delle frodi (marchi di prestigio falsificati, prodotti alimentari non sicuri), ecc…

L’Evasione fiscale agisce come un demoltiplicatore della ricchezza del Paese e di ogni cittadino onesto, poiché le sue ripercussioni agiscono, per caduta, su tutta una serie di fenomeni che non fanno altro che aumentarne gli effetti negativi. La Guardia di Finanza, preposta alla lotta contro l’Evasione, attraverso gli accertamenti effettuati, riesce a intercettare considerevoli aliquote non versate, che nel 2008 hanno raggiunto circa 56 miliardi di euro, fino a toccare, nel 2011 oltre ottantasette miliardi. Com’è facile osservare, la Guardia di Finanza, nel 2011, è riuscita a scoprire, di quei 180 miliardi stimati di evasione (Tabella 1), circa il 50%.

Ciò che, però, va evidenziato è che ogni anno sono recuperati solo 12-13 miliardi da parte della Agenzia delle Entrate, ovvero, con riferimento al 2011, il 15% circa di quanto accertato.

Certo, sappiamo tutti che dopo un accertamento occorre istruire un processo, permettere all’evasore di difendersi. Conosciamo tutti gli errori di Equitalia, le “cartelle pazze” e quant’altro, ma sicuramente sembrano un po’ scarsi i risultati concreti, rispetto a quelli possibili. Ma un altro aspetto ci preme portare a conoscenza dei lettori: il numero degli Evasori totali, ovvero di coloro che risultavano sconosciuti al Fisco, fino al momento in cui non sono stati scoperti: cittadini che fino ad allora non avevano mai pagato un Euro (o una Lira nei tempi passati) allo Stato, che non avevano contribuito in nessun modo al mantenimento del Paese, ma che avevano usufruito di tutti i servizi che esso mette a disposizione. Ebbene, ogni anno, dal 2008 al 2012, sono stati individuati tra i 7.000 e i circa 9.000 Evasori totali, ben 39.608 in appena 5 anni.

Molte considerazioni potrebbero essere esposte a fronte di questi pochi dati appena commentati. Vorremmo, tuttavia, soffermarci, a conclusione, brevemente solo su due riflessioni. La pesante crisi economica che ci attanaglia, costringe il Governo ad aumentare le tasse e a effettuare manovre da 50 miliardi alla volta, a cercare (chissà dove) i 4 miliardi provenienti dall’Imu sulla prima casa, sospesa momentaneamente e ad arrabattarsi per non aumentare di un punto percentuale l’Iva, quando ci sarebbero entrate per 180 miliardi che dovrebbero essere trasferite dalle tasche degli Evasori alle casse dello Stato, senza continuare a toccare il portafoglio di chi sempre ottempera al proprio dovere di contribuente.

La Guardia di Finanza conta su una forza effettiva di circa 60 mila uomini, press’a poco 1 ogni 1.000 abitanti o, se preferite, 1 ogni 73 Aziende. Forse, sarebbe il caso, che la Guardia di Finanza, tralasci, in questi tempi di forte crisi economica, attività collaterali, e, insieme all’Agenzia delle Entrate concentri gli sforzi per scovare i grandi evasori piuttosto che disperdere energie per cercare di recuperare pochi euro a pensionati o impiegati. Una volta tanto, ricorriamo a quel sano principio di valutare un’attività in termini di costi-benefici!

Verifichiamo, per esempio, se la distribuzione delle forze è proporzionale ai settori di maggiore evasione oppure, come avviene per i “tagli lineari”, è equamente spalmata nei diversi comparti economici, a prescindere dal peso che essi occupano.Non vorremmo essere annoverati nella categoria degli scettici o degli “sfascisti”, ma certo il dubbio che in Italia, anche in questo campo, difetti la volontà vera di andare in fondo ai problemi, senza guardare in faccia nessuno, esiste. Parafrasando una nota asserzione, potremmo dire “si fa peccato, ma ci si azzecca”.

 

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