“Quattro anni fa, in questo impianto, é stato varato un piano straordinario di rilancio, un piano senza precedenti in Italia e credo anche in Europa”. Quattro anni dopo Sergio Marchionne è di nuovo a Pomigliano, stavolta non per firmare accordi, ma per raccogliere i frutti del suo lavoro.

Sono i ‘fatti’ cui l’amministratore delegato di Fiat si riferisce quando parla dal palchetto del piccolo anfiteatro allestito al centro della sezione montaggio dello stabilimento. Quelli con cui Marchionne risponde “agli scettici, ai detrattori, agli antagonisti per professione”, ma anche a quanti “ancora dubitano che in questo stabilimento si possano fare le cose e farle bene”.


video di Katiuscia Laneri

Di fronte a una platea di giornalisti accorsi da tutto il mondo per la presentazione della nuova Panda, l’ad di Fiat rivendica con orgoglio le scelte passate, le strategie presenti, i passi avanti che, a suo dire, l’azienda ha fatto in questi anni soprattutto a Pomigliano.

La sfida del numero uno del Lingotto passa tutta da qui e lui lo sa: è nell’ex stabilimento intitolato a Giambattista Vico che la Fiat ha per la prima volta ottenuto un accordo a suo modo storico, pietra tombale del Contratto collettivo nazionale, ed è qui che l’amministratore delegato ha voluto portare la produzione della nuova Panda. Un’auto che, assicurano tutti, è fatta bene ed è in grado di affrontare le sfide del nuovo mercato. E c’è da crederci, almeno a dare un’occhio allo stabilimento: il restyling voluto dalla dirigenza ha portato nuovi macchinari, maggiore efficienza del lavoro, eliminazione dei tempi morti, nuove postazioni più ergonomiche e quindi meno stancanti per gli operai. “Conosco bene tutti i nostri stabilimenti e ad oggi quello di Pomigliano é il migliore stabilimento del gruppo Fiat al mondo”, ha detto Marchionne, davanti ai lavoratori in tuta bianca che qualche minuto prima avevano accolto con un fragoroso applauso l’ingresso dell’ad e del presidente John Elkann.

Erano qualche centinaio, meno dei giornalisti. Di certo troppo pochi per uno stabilimento così grande e innovativo, da cui da oggi l’azienda proverà a scalare posizioni sul mercato automobilistico mondiale. Ma a breve saranno di più, promette Marchionne: “Continueremo ad assumere. L’impegno che abbiamo preso è quello di impiegare il massimo di personale necessario per produrre la capacità massima di questo stabilimento, e cioè 1.050 macchine al giorno. Le porteremo dentro fino a quando non saranno raggiunti quei volumi di produzione su base quotidiana”. Nessuna cifra precisa, dunque. Quel che è certo, però, è che se il mercato non dovesse rispondere come ci si augura, il rischio concreto è che buona parte dei 4.800 operai lasciati a casa finora possano restare fuori dai cancelli ancora a lungo.

È quello che temono gli operai della Fiom e i Cobas che oggi, insieme ai disoccupati organizzati, hanno organizzato un presidio di fronte all’ingresso principale della fabbrica, bloccati da un imponente schieramento di forze dell’ordine. Vicini in linea d’aria a Marchionne, ma lontani anni luce dal suo entusiasmo, le tute blu in cassa integrazione hanno brindato con spumante e pasticcini non alla nuova Panda, ma contro il Piano Fiat, da cui si sentono tagliati fuori. “Quella che hanno organizzato oggi è solo una parata in grande stile. Sanno tutti che per produrre un solo modello di auto non saranno necessari tutti i seimila operai che fino a qualche anno fa lavoravano qui, ma molti di meno. Per noi, quindi, oggi non è un buon giorno”.

Tutti infatti scommettono che alla fine, a rimetterci, saranno proprio gli iscritti alla Fiom, i Cobas e i lavoratori Rcl (Ridotte capacità lavorative). “E la cosa più triste è che se la nuova Panda è prodotta a Pomigliano è solo grazie alla ferma opposizione dei lavoratori, della Fiom e di tutto il sindacato. Eppure il risultato è che oggi al lavoro non c’è un operaio che ha scioperato con noi per tenere in vita lo stabilimento”.

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