Ospedali aperti in tutta Italia per accogliere e informare i cittadini in occasione dell’Obesity Day (qui i centri). Informazioni molto preziose visto che, in base ai dati diffusi dalla Fondazione Adi (Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica), gli adulti italiani con problemi di peso sono il 46 per cento della popolazione con un aumento globale del 10 per cento delle persone in soprappeso o obese negli ultimi vent’anni. Insomma, un italiano su due ha problemi di peso e per contenere questa situazione, «non è più efficace l’allenamento sporadico in palesta» spiega Giuseppe Fatati, presidente della Adi, coordinatore del progetto “Obesity Day” e responsabile della Struttura complessa di Diabetologia, dietologia e nutrizione clinica dell’ospedale “S.Maria” di Terni.

In Italia, ormai, gli adulti obesi sono 4 milioni, con un costo per la comunità di 8,3 miliardi di euro. In vent’anni, tra il 1990 e il 2009 l’ago della bilancia degli italiani è salito vertiginosamente. Secondo gli studi Istat, che in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia ha pubblicato una serie di statistiche storiche, i grassi sono soprattutto uomini. Se nel 1990 i maschi italiani con problemi di peso erano 43 ogni 100, nel 2009 sono saliti a 56. Con un picco al Sud, quasi 60 su 100. Le cose vanno meglio tra le donne, anche se le percentuali sono comunque elevate: nel 1990 le donne in sovrappeso erano 28,7 su 100 mentre nel 2009 si è saliti a 37. Ancora una volta il picco è al Sud (quasi 43 su cento).

In meridione, inoltre, più della metà degli adulti (51 su cento) ha seri problemi con la bilancia. Ma in quasi tutte le regioni, eccezion fatta per Basilicata, Campania, Trentino e Liguria, negli ultimi dieci anni gli adulti obesi sono andati aumentando. La Regione con l’aumento più considerevole, anzi, sovverte la convinzione che il problema obesità sia tipicamente meridionale: con un +3,4 per cento in dieci anni, infatti, la Valle d’Aosta porta la percentuale di adulti obesi dal 7,8 all’11, 2 per cento. Ma la Regione più grassa d’Italia, oggi come dieci anni fa, è il Molise con il 14,4 per cento di persone obese ogni 100 abitanti con più di 18 anni. Seguono Abruzzo, Emilia Romagna e Calabria (12 per cento). A metà classifica c’è il Lazio (con il 10,6 per cento) mentre chiudono la graduatoria Toscana, Liguria e Trentino Alto Adige.

E la crisi economica? Contrariamente a quanto si tenderebbe a pensare, non aiuta a combattere il soprappeso. Anzi. «Quando una persona ha difficoltà economiche o deve affrontare un licenziamento si rompe un equilibrio, prima di tutto sociale e in secondo luogo di stile alimentare. Il risultato è che si mangia di più, soprattutto cibi meno costosi, ma a più alta densità calorica» spiega Fatati. Se nel 1998 gli italiani destinavano il 19,4 per cento della spesa agli alimentari, dieci anni dopo spendevano meno, il 18,9 per cento. Ma non solo è cambiata la spesa alimentare, sono cambiati soprattutto i consumi. In dieci anni (a confronto il 1999 e il 2009) è calata la percentuale di persone (da tre anni in poi) che consumano pane, pasta e riso tutti i giorni, frutta tutti i giorni, formaggi almeno una volta al giorno. Si mangiano meno salumi, si beve meno latte. Aumenta, anche se di poco, la percentuale di italiani che tutti i giorni mangiano uova, verdure, pesce.

Gli esperti dell’Adi lanciano un allarme anche sull’obesità infantile, aumentata nell’ultimo ventennio in misura maggiore rispetto a quella degli adulti. «I bambini hanno meno massa muscolare e più tessuto adiposo, che brucia meno calorie», racconta ancora il coordinatore del progetto Obesity Day.

Una tendenza a ingrassare, quella degli adulti, che può essere contrastata puntando su una corretta alimentazione e attività fisica. «E’ sostanzialmente inutile, se non controproducente bandire una determinata categoria di prodotti alimentari. Non esistono, infatti, alimenti ‘buoni’ o ‘cattivi’ ma solamente diete equilibrate o non equilibrate – puntualizza il presidente della Adi – Tutti gli alimenti e le bevande, in porzioni appropriate possono essere consumati nell’ambito di uno stile di vita attivo e sano, che combini una dieta equilibrata e bilanciata con attività fisica regolare. Le industrie stanno facendo molto per migliorare le caratteristiche nutrizionali dei prodotti così come stanno lavorando a confezioni in monoporzione che possono aiutare a regolarsi sulla giusta quantità».

Un altro problema poi è quello dell’informazione. Solo un italiano su 4 sa che il giusto apporto è di 2000 calorie al giorno, e solo 7 su cento sanno che la percentuale di calorie derivate dai grassi è di circa un terzo. «Ma la vera ‘colpa’ dell’aumento di peso degli italiani è la loro pigrizia. Il segreto per dimagrire veramente è ‘spendere energia’. Le persone dimenticano che la giornata è fatta da 24 ore. Ed è in questa ottica che va affrontata la vita – sottolinenano i medici del progetto – La chiave per dimagrire è quella di reintrodurre un’attività fisica leggera, ma costante, che potrebbe essere tradotta in 40 minuti di cammino giornaliero. Non basta andare in palestra due volte alla settimana – sempre che questo avvenga – bisogna fare movimento nell’arco di tutta la giornata», aggiunge Fatati.

La buona notizia è che gli italiani sembrano aver finalmente capito l’importanza di una prima colazione adeguata: tra il 2001 e il 2010 la percentuale delle persone che iniziano con il passo giusto è cresciuta. Nei pasti del resto della giornata si è invece verificata una piccola rivoluzione: diminuisce il numero di chi torna a casa per pranzo e diminuisce anche quello di chi sceglie bar e ristoranti. Triplica invece quello di chi mangia sul posto di lavoro, con un panino o un’insalata davanti al computer. E così si evita anche di fare quel po’ di moto che serve a raggiungere la mensa o il bar sotto l’ufficio.

di Stefano Pisani

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