La camorra casalese si era infiltrata negli appalti pubblici attraverso la politica. E’ scritto nell’ordinanza cautelare firmata dal Gip Vincenzo Alabiso su richiesta dei pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio. Il Gip ha disposto stamane diciassette arresti e il sequestro di beni per oltre un miliardo di euro, al termine di un’inchiesta condotta dai Ros che ha ricostruito il circuito di imprese, complessi turistici, case e terreni nel quale erano reinvestiti i profitti dei clan casalesi, anche grazie alle ramificazioni negli appalti pubblici e le complicità di politici e funzionari pubblici. Tra gli indagati c’è il prefetto di Frosinone, Paolino Maddaloni, per il quale il Gip ha rigettato la richiesta di arresto. E’ accusato di turbativa d’asta per l’appalto delle centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria a Caserta. Mentre tra i 17 arrestati compare un nome di spicco della politica campana, l’ex consigliere regionale Udeur Nicola Ferrarom (nella foto), già imputato in due processi insieme alla nomenclatura campana del partito di Mastella per vicende di clientele, nomine e assunzioni. Ferraro stavolta è accusato di associazione camorristica perché – sostengono i pm – si sarebbe accordato coi reggenti dei gruppi Schiavone e Bidognetti nella sua doppia veste di imprenditore del settore dei rifiuti ed esponente politico, ricevendo in cambio sostegno elettorale e, insieme al fratello Luigi, anch’egli arrestato, un appoggio importante per il successo delle loro aziende. Per gli inquirenti Nicola Ferraro si sarebbe messo a disposizione dei clan “per agevolare l’attribuzione di risorse pubbliche attraverso l’aggiudicazione di appalti a imprese compiacenti, nonché per favorire il controllo da parte del clan dello strategico settore economico dello smaltimento dei rifiuti”.

Tracce delle presunte collusioni tra Ferraro e la camorra erano già presenti nell’ordinanza del 21 ottobre scorso e relativa allo scandalo delle assunzioni nell’Arpac, per la quale l’imprenditore-consigliere regionale venne raggiunto da un divieto di dimora in Campania, poi revocato, insieme alla presidente del consiglio regionale Sandra Mastella. Il pm Francesco Curcio allegò agli atti un verbale d’interrogatorio del collaboratore di giustizia Michele Froncillo, uno dei leader del clan Belforte, egemone a Marcianise, secondo il quale “l’intero clan di Marcianise si era messo a disposizione delle esigenze elettorali di Nicola Ferraro e dell’Udeur… Facevamo propaganda in favore dell’Udeur perché Ferraro ci aveva detto che appena eletto avrebbe ricambiato il nostro appoggio cercando di farci avere ‘la nostra fetta di torta’”.

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